13.12.06

Manderlay

Manderlay di Lars von Trier
(2005) Dan\Sve\Ola\Fra\Ger\Uk


Comincio col dire che svanita (attenzione, non esaurita!) la sorpresa nella genialità della messa in scena di Dogville (cinema, letteratura e teatro insieme), Manderlay fatica a coinvolgere almeno per la prima mezz'ora di film. Poi, fatta chiarezza sulle tematiche centrali e presa familiarità con il nuovo volto di Grace, si comincia a calarsi in questo nuovo universo di von Trier che è il secondo capitolo della trilogia America. Stavolta si parla di democrazia da esportare e di razzismo radicato culturalmente, due elementi caratteristici dell'America odierna. Ovviamente, la storia è emblematica nei suoi intenti ma lo svolgimento è tutt'altro che scontato e noioso; anzi, ci sono pure un paio di colpi di scena decisamente sorprendenti e il capovolgimento della figura di Grace che nel primo episodio era vittima sacrificale della comunità e qui diventa vittima di se stessa.
Il cast è all'altezza delle aspettative e Bryce Dallas Howard regge il confronto (non paragone) con chi l'ha preceduta; la figura del padre interpretata da Willem Dafoe invece mi è piaciuta molto meno ma non credo la colpa sia da imputare all'attore, piuttosto al personaggio, meno freddo e lucido della prima volta. Danny Glover colpisce per genuinità. La regia, manco a dirlo, è sospesa fra l'autorale e l'esperimento. Lars von Trier disattende alcune delle aspettative garantite dalla sua carriera ma proprio per questo ce ne si innamora ancora di più.

Nessun commento: