11.10.09

Videocracy - Basta apparire

Videocracy di Erik Gandini
(2009) Sve\Dan\UK\Fin\Ita

Ne hanno fatto un gran parlare a Venezia. Hanno censurato il trailer su ogni rete del duopolio televisivo italiano. Vedo, quindi, questo Videocracy con grandi aspettative per poi ritrovarmi davanti un documentario un pò così, quasi noioso in molte sue parti e che per troppo poco riesce davvero a centrare il bersaglio.
La "videocrazia" del titolo è quella che l'autore vuole mostrare con la sua opera, ovvero il gusto culturale e becero che la tv commerciale del "presidente" ha imposto alla massa italiana.(non so perché ma Gandini non pronuncia mai il nome di Berlusconi, si riferisce a lui come "il presidente" usando una certa spocchia che ricorda il "principale esponente dello schieramento a noi avverso" di Veltroni). Partendo dal primissimo esempio di tv spazzatura, ricostruisce (frettolosamente) nascita e consolidamento dell'impero mediatico berlusconiano, si sofferma (un po' meno frettolosamente) su uno dei mostri generati, un ingenuo operaio che sogna il successo senza avere nessun tipo di talento, poi passa a uno dei grandi burattinai della televisione italiana, quel monumento all'imbecillità che è Lele Mora e che proprio così ci appare (qualcuno dovrebbe andare a chiedere a Berlusconi se conferma di essere intimo amico di questo tizio che si vanta di essere mussoliniano e di avere sul cellulare la suoneria di 'Faccetta nera' accompagnata da immagini di svatiche e croci celtiche); il passo successivo (frettoloso) è la fotografa ufficiale delle feste sarde dei "vips" (premier incluso) ed ecco che ci si aspetta qualcosa di esclusivo e invece nulla. Gran finale è l'apoteosi di questo sistema malato: Fabrizio Corona, degno parto squilibrato di una grande macchina squilibrata, forse l'esempio per eccellenza della mentalità italiana corrente; qui Gandini procede molto meno frettolosamente e indugia parecchia sulla figura di questo imprenditore dalla scarsa morale, indugia pure nel riprenderlo nudo e vanitoso. Perché? Perché effettivamente a questo punto il documentario sembra acquistare un senso: l'intero ragionamento affrontato sembra avere qui il suo apice, nell'immagine di un mostro che non è nato per caso ma che è embrione stesso della "videocrazia" di cui l'Italia è succube, vittima e carnefice al tempo stesso. Le ultime immagini, per quanto stiracchiate, concludono in maniera ottimale il discorso.
Però il risultato è alquanto deludente. Si ha l'impressione di aver perso una grande occasione, un'intuizione coraggiosa che finisce sprecata e che potrebbe apparire addirittura ostica ad un pubblico a cui sfugge il meccanismo "videocratico". Alla fine Gandini dice cose già note rivolgendosi ad un pubblico selezionato e non compiendo una vera e propria inchiesta con fatti e dati capaci di colpire lo spettatore. Sarà per la prossima volta, consoliamoci con il sempre attuale Il caimano.

2 commenti:

Alberto Di Felice ha detto...

C'è un certo consenso su quel che dici; mediamente questo supposto documentario è stato accolto in modo mite. A me, senza averlo visto, sembra già di vedere un film che consiste semplicemente di una parata di mostri, i quali faranno di certo schifo ma non aiutano a capire granché.

David ha detto...

Anche io ho trovato abbastanza deludente questo documentario che non ci dice niente di nuovo e ci dice quello che sappiamo senza un taglio interessante. Da quanto so, pero', il documentario e' nato per un mercato non italiano e se lo si legge da questo punto di vista forse si puo' vedere qual'era il suo obiettivo: mostrare i mostri della tv e dello show business italiano ad un pubblico straniero.
Nel complesso pero' rimane un documentario largamente inferiore a certi reportage televisivi.