10.8.08

Il divo

Il divo di Paolo Sorrentino
(2008) Ita\Fra

Senza aver paura di esagerare, mi sento tranquillamente sicuro di poter affermare che Il divo ridefinisce i confini del cinema italiano. E non mi sembra esagerato aggiungere che da qui a qualche anno si potrà parlare di prima e di dopo de Il divo, come fosse un anno zero, uno spartiacque tra quello che tradizionalmente chiamiamo cinema italiano e quello che verrà dopo quest'opera di Paolo Sorrentino. E che sia lui il regista di questo film non è un caso perché solo a lui poteva riuscire un'impresa del genere, solo il suo stile riconoscibilissimo poteva ideare un progetto così ambizioso e scaltro, solo il suo gusto surreale poteva mettere in scena determinate sequenze al limite del grottesco. Difficile, insomma, poter immaginare un altro regista dietro alla macchina da presa e questo credo sia il più grosso complimento che si possa fare ad un autore. A chi mi ha chiesto ingenuamente se Il divo sia migliore de Il caimano, rispondo che sono due film complementari ma diversi: Sorrentino va oltre le nobili pretese di Moretti di voler dipingere un'Italia devastata dall'ingresso sulla scena pubblica di un individuo che risponde al nome di Berlusconi; a Sorrentino non interessa tanto tirare le somme sugli effetti della politica di Andreotti ma gli interessa Andreotti stesso, la sua vita (pubblica e privata), la sua figura così enigmatica e complessa, a tratti spaventosa. Chi non ha mai visto un film di Sorrentino non può immaginare che razza di opera si troverà davanti: si parte con un monologo iniziale che mette in chiaro come verrà dipinto il protagonista, si prosegue con una sorta di incipit alla P.T. Anderson e si procede spediti attraverso salti temporali, rappresentazioni più o meno metaforiche dei fatti accaduti negli ultimi decenni italiani. Quel che viene a seguire è il personalissimo punto di vista del regista sulla 'spettacolare vita di Giulio Andreotti' e si badi a non cadere nel tranello: Sorrentino finge di voler restare imparziale ma ogni singolo momento è una netta presa di posizione non solo nei confronti dello scomodo protagonista ma di tutti coloro che lo hanno circondato, nel bene e nel male; il surreale rimane il tono di fondo: in una sorta di monologo che non esiste Andreotti si assume le colpe di tutti gli scandali italiani della storia recente, in un'altra scena ben più reale confessa al parroco di "aver commesso tanti errori nella vita ma la mafia mai". Sorrentino, infine, come sempre vuole far sentire la sua presenza e ci riesce senza mai urtare il pubblico ma anzi realizzando movimenti di macchina (alcuni dei veri e propri classici della sua cinematografia, come la mdp che dall'esterno di un mezzo di trasporto arriva all'interno come se ci passasse attraverso) pienamente funzionali alle atmosfere del film.
Un capolavoro italiano, di cui andare orgogliosi, nel quale spicca un immenso Toni Servillo (ma è tutto il cast ad essere eccezionale): si annulla completamente nel personaggio, lo caratterizza di sfumature, tic, modo di camminare che resteranno negli annali e riesce a pronunciare battute taglienti e sempre importanti con un tono che è l'essenza del personaggio stesso. Una menzione speciale al farsesco Pomicino di Buccirosso: "qua urge un concetto. Tu ce l'hai?"
Ad avercene di film così.

11 commenti:

Alberto Di Felice ha detto...

Io invece, passato qualche tempo, penso di poter dire che questo Divo tra non molto sembrerà un po' a tutti di meno il capolavoro italiano del secolo. Ma siamo ancora in periodo di esaltazione, quindi taccio. :)

Ale55andra ha detto...

Io invece sono più che d'accordoc con te ^_-

Massimo Manuel ha detto...

Posso anche aggiungere che fra qualche tempo in molti ridimensioneranno il pur bellissimo "Gomorra" a favore del meno acclamato "Il divo." O quanto meno è quello che penso io.

Alberto Di Felice ha detto...

A me sembra che fra i bloggers, almeno, Sorrentino abbia avuto ben più ammirazione incondizionata: ho letto spesso robe del tipo "Capolavoro Assoluto, Cinema Assoluto" e via dicendo.

Massimo Manuel ha detto...

Anche io avevo avuto la stessa impressione ma ho anche notato che non appena il discorso si sposta su di un confronto fra i due film, 'Gomorra' ne esce sempre vincente.
Poi non so quanto sia giusto metterli a confronto solo perché sono due film italiani, sono usciti praticamente insieme e hanno vinto a Cannes.

Alberto Di Felice ha detto...

Vero, metterli a confronto paragonandoli non è una cosa molto sensata. Però è anche inevitabile, date le circostanza. Ecco, nella sfida fra i due per me Garrone vince su ogni possibile fronte: per come la vedo io, c'è mille volte più "cinema puro" in Garrone che riprende due guagghioni dietro una finestrella nel buio, camera a mano, che in Sorrentino che fa panoramiche a 360° "guarda quanto so' fico". Mia opinione, eh--

Massimo Manuel ha detto...

Credo che qui il discorso potrebbe farsi complesso e andrebbe sfiorare la concezione stessa del cinema.
Garrone riprende la realtà. Ma sappiamo tutti che un regista esprime sempre il suo punto di vista, anche se racconta di una realtà indagata e documentata, anche se applica l'iper-realismo come metodo. Sorrentino la realtà la deforma, la piega al suo personalissimo gusto per esprimere anche lui un'opinione che è anche un'idea solida di cinema.
Mi sembra ingiusto attribuire a Sorrentino solo la volontà di farsi bello con panoramiche ardite. Per me a lungo andare sarà il suo film a lasciare il segno mentre 'Gomorra', pur sempre bellissimo, dimostrerà i suoi (pochi) limiti nel farsi ricordare.
Rimarranno pur sempre due grandissimi film italiani.

Alberto Di Felice ha detto...

Chiaramente possiamo scannarci quanto vogliamo, col tiro alla fune, per dirci e ridirci quale dei due è più bello-- Io però tengo a chiarire che non ne faccio una questione di "realismo" contro "deformazione", o almeno non per dichiarare una mia eventuale preferenza (che non ho) per uno dei due: ne faccio un discorso di sguardo, e soprattutto movimento critico della cinepresa su quello che si riprende.

Massimo Manuel ha detto...

L'obiettivo non è scannarsi, ovviamente! =)
E' chiarire la propria visione.
E' curioso piuttosto che abbiamo posizioni opposte a film invertiti.

Alberto Di Felice ha detto...

Sì, è abbastanza curioso-- Però almeno per il momento non so se ho voglia di indagare troppo in profondità: son d'accordo con te sul fatto che "il tempo dirà", quindi aspetterei un po' per poter parlare con più calma di questi due film (specie di Sorrentino). Ammettendo sempre che parlarne assieme ha forse poco senso, ma tant'è--

Massimo Manuel ha detto...

Credo siano condannati ad essere considerati un binomio per molto ancora (per la fortunata sorte di essere stati premiati in tandem a Cannes). Cosa che non è necessariamente un male: sono due modi d'intendere la narrativa opposti ma perfettamente speculari, significati delle anime che compongono la cinematografia italiana.
Ovvio che sarà poi la storia a giudicare, come semopre...