30.11.08

Masters of Horror (4) Gordon

Masters of Horror si compone di due stagioni durante le quali nomi accreditati del cinema internazionale hanno dato libero sfogo alla propria vena horror.

Il fatto che due degli episodi migliori visti fino ad ora siano entrambi diretti dalla stessa mano un pò mi sorprende. Il regista in questione è Stuart Gordon (quello di Edmond con William H. Macy) che in occasione dei Masters ha adattato due degli autori più famosi ed amati del genere horror.
H.P. Lovecraft's Dreams in the Witch-House di Stuart Gordon. In questa occasione, lo spunto è di trasportare una storia di Lovecraft nell'era moderna e la sfida è riuscitissima. L'episodio ha un ritmo serratissimo, tira in ballo parecchi dei personaggi stereotipi del genere ma senza trasformarli in macchiette, bensì sistemandoli ciascuno al loro posto (e ad un certo punto salta fuori pure il Necronomicon). Gordon, poi, gioca parecchio con il citazionismo e tira le fila dell'intera storia mantenendo alte le suggestioni e promettendo notevoli sobbalzi sulla sedia. Infatti si perdonano generosamente alcuni buchi di sceneggiatura.
The Black Cat di Stuart Gordon. Il regista aveva già mostrato interesse per Edgar Allan Poe nella sua carriera cinetamografica e coglie l'occasione per giocare con la figura dello scrittore e mettere in scena il classico gioco del famoso personaggio d'arte che trae ispirazione e salvezza dalle sue patologie. Ecco che l'alcolismo e i deliri allucinatori di Poe, allora, diventano la base delle sue storie; Gordon riesce a creare un'atmosfera bellissima e ricercata, nella quale spiccano un paio di sequenze davvero notevoli (la crisi artistica di Poe che lancia il paragone tra la peste bianca che sta uccidendo sua moglie e la peste bianca/blocco dello scrittore che sta uccidendo sé stesso, oppure il delirio che lo coglie durante il funerale) e dove dimostra tutta la sua eccellenza nel creare suggestioni che lasciano il segno. La storia non è il massimo dell'originalità ma il risultato finale è parecchio sopra la media dei Masters of Horror visti fino ad ora.
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26.11.08

All'arrembaggio!

La notizia potrebbe essere storica: per la prima volta nella vita di una grande etichetta discografica, le vendite in supporto digitale via internet hanno superato quelle dei supporti tradizionali come cd e dvd. La Atlantic Records del gruppo Time Warner ha infatti reso noto che il fatturato dell'ultimo anno è costituito dal 51% di vendite musicali attraverso supporti digitali comprati in rete. Una svolta che ai più potrebbe apparire come il definitivo sorpasso su supporti considerati ormai antichi, destinati a scomparire ben presto. Eppure i risultati complessivi della Atlantic non fanno ben sperare: è vero che le vendite digitali spopolano ma è vero altrettanto che se il ritmo di questo commercio si confermasse così com'è, il fatturato totale annuo del 2013 sarebbe comunque inferiore di circa un miliardo rispetto al 2008 (di ben cinque, invece, se viene considerato il 1999 come riferimento). E allora che fanno le etichette discografiche? Tagliano costi, soprattutto in materia di videoclip promozionali e campagne pubblicitarie a sostegno degli album in uscita.
La notizia è di interesse anche per il campo cinematografico, anche questo un commercio che cerca di fronteggiare la crisi provocata dalla pirateria in rete mettendo a disposizione cataloghi in formato digitale e scaricabili previo pagamento (c'è chi fa di più: il dvd doppio di The Dark Knight in uscita il 4 dicembre contiene anche una 'copia digitale' per vedere il film su pc o supporti alternativi). Ma se la tendenza analizzata dalla Atlantic dovesse confermarsi, significherebbe che la maggioranza degli acquirenti preferirebbe comprare su internet ma che i pirati del peer-to-peer continuerebbero per la loro strada non contenti di poter scaricare legalmente i film ad un prezzo ridotto. Sembra che i limiti al totale consolidamento della vendita digitale siano sempre gli stessi, fra i quali spicca l'impossibilità di disporre del file acquistato liberamente, per esempio per trasferirlo o copiarlo.

24.11.08

Frames: Twin Peaks

(Chi conosce la storia di questo fotogramma, conosce la storia di Twin Peaks)

23.11.08

Ipse dixit

"Coriacea e affusolata come un cipresso."
Mario Sesti su Angelina Jolie in Changeling, da FilmTv

"Massimo Boldi è meglio di Nanni Moretti, almeno il primo fa ridere!"
Mara Carfagna (Ministro per le pari opportunità) da Repubblica.it

22.11.08

Riusciranno i nostri eroi...?

Se qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che buona parte dell'industria cinematografica hollywoodiana mira solo alla soddisfazione dello spettatore e al suo totale intrattenimento, adesso può stare tranquillo. La notizia è che il prestigioso Mit, il famoso centro di ricerca situato nel Massachussetts, aprirà nel 2010 (ma i lavori di ricerca iniziano fin da adesso) un nuovo centro di studio sulla narrazione del futuro, battezzato Center for Future Storytelling. Finanziato da nomi importanti dell'industria cinematografica americana, l'obiettivo del centro sarà analizzare i metodi narrativi del futuro dando per scontato che quelli classici (inizio, sviluppo e conclusione) sono destinati a scomparire a causa della grande invasione di interrattività nel nostro quotidiano, invasione che scatenerà sempre di più la voglia dello spettatore ad interagire con la storia; uno studio, dunque, che coinvolge anche l'analisi delle più recenti tecnologie (non escluse quelle per scaricare dalla rete) per non lasciarsi travolgere dall'avanzare del futuro. Il sito del centro promette "applicazioni tecnologiche per rendere le storie sempre più aperte all'improvvisazione e sociali, ed i ricercatori punteranno a far diventare il pubblico maggiormente protagonista della narrazione". Al centro della questione "l'abitudine sempre più diffusa dell'utente ad interagire di persona nel processo narrativo, con contenuti autoprodotti" spiega Kirkpatrick, uno dei finanziatori.
Purtroppo l'industria del cinema è anche commercio e c'è posto per tutti, sia per l'intrattenimento che per gli autori, anche perché molto spesso sono i primi a permettere ai secondi di esistere. Ma questa deriva 'interattiva' ha un qualcosa d'inquietante che non rassicura non tanto sul futuro quanto sul presente.

19.11.08

Masters of Horror (3) Carpenter, Medak, Holland

Masters of Horror si compone di due stagioni durante le quali nomi accreditati del cinema internazionale hanno dato libero sfogo alla propria vena horror.

Pro-Life di John Carpenter. Il regista, come ha spesso fatto nella sua carriera, la butta in politica e imbastisce un episodio dal ritmo serrato e che, unico fra quelli visti fino ad ora, si sforza di seguire l'unità di luogo, azione e tempo (una regola che andrebbe sempre tenuta ben presente in televisione). La storia se la prende con il fanatismo religioso che spesso sfocia nella violenza e nel bagno di sangue (se a noi la storia ci pare estranea, in America le aggressioni ai medici abortisti sono tristemente frequenti) ma il risultato finale non mantiene le aspettative: dopo un pò la tensione splendidamente imbastita ad inizio episodio inizia a scemare e l'intelligenza della storia con lei.
The Washingtonians di Peter Medak. Oltre a Family, anche questo episodio diretto da Medak la butta sulla satira; ma se Landis andava molto più sul sottile per non forzare il gioco, la storia di Medak è molto meno velata e continuamente critica nei confronti dell'amministrazione Bush. Peccato che nel fare questo utilizzi una trama completamente sopra le righe, volutamente grottesca ma senza veri e propri spunti horror (se non i banchetti cannibali che però arrivano parecchio dopo i momenti farseschi, perdendo dunque tutta la loro capacità 'gore') e che cerca la risata a tutti i costi. Una ricerca di svolta satirica che non è certo estranea al genere horror ma che qui finisce con l'essere eccessiva ed infruttuosa. L'ultima scena (quella del presidente sulla bancanota) strappa la risata più bella di tutte, svelando così il vero tono dell'episodio.
We all scream for ice cream di Tom Holland. Un evidente omaggio al cinema horror anni '80, quello fatto di storie bizzarre che cercavano il mostro dietro le figure più paciose (qui hanno $unito clown più venditore di gelati), alla stregua della ricerca che c'è oggi di trovare il mostro dietro ogni apparecchiatura tecnologica. Ma anche se l'episodio non è certo un successo di regia e che lo spunto iniziale strappa più di una risata involontaria, siamo davanti a tutto un campionario di citazioni e strizzatine d'occhio a quel decennio in cui l'horror (tranne alcune eccezioni) divenne ferocemente pop. Non un grande periodo ma l'episodio è un omaggio sincero e smaliziato e quindi, dal mio punto di vista, riuscitissimo.

Già visti gli episodi di: Carpenter, Argento, Malone - Tsuruta, Landis
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16.11.08

Il sostituto sarà un giovane virgulto...come Rondi!

Che il presidente della Provincia di Roma avesse polemizzato con Gian Luigi Rondi perché a fine festival ha ringraziato solo il sindaco Alemanno come sponsor politico (dimenticandosi degli altri partner, come Provincia e Regione...) lo sapevo. Quello che mi è sfuggito o è passato sotto silenzio, questo magari me lo direte voi, è che a fine festival si sono dimessi due direttori di sezione che erano nel comitato fin dalla nascita della manifestazione, Giorgio Gosetti e Teresa Cavina (responsabili della sezione Cinema 2008, cioè la più importante perché ufficiale ed in concorso) che "hanno denunciato uno snaturamento del progetto originale della festa". Per ora di più non mi è dato sapere ma se per snaturamento del progetto originale intendono l'evidente allontanamento del pubblico dalle iniziative che c'è stato quest'anno e che era il motivo principe della Festa del Cinema, allora hanno tutto il mio appoggio perché hanno ragione da vendere.

15.11.08

Masters of Horror (2) Tsuruta, Landis

Masters of Horror si compone di due stagioni durante le quali nomi accreditati del cinema internazionale hanno dato libero sfogo alla propria vena horror.

Dream cruise di Norio Tsuruta. Vuoto di ogni qualsivoglia logica narrativa, recitato male, diretto peggio, noiosissimo, l'episodio di Tsuruta è un insulto all'intelligenza dello spettatore. Banale oltre ogni immaginazione (dopo 5 minuti si è già capito dove si andrà a parare, finale compreso!) ha il suo culmine nella ridicola ricerca di atmosfere claustrofobiche. Imperdonabile.
Family di John Landis. Il migliore degli episodi visti fino ad ora, un piccolo gioiello di costruzione tecnica, lucidissimo nel raccontare la mente perversa di un serial killer e del suo perfetto inserimento nella brillante vita americana moderna (staccionata bianca e giardino non potevano mancare). Arricchito perfino da qualche sottotesto satirico, Family ha pure il pregio di condurre lo spettatore ad un punto prevedibile per poi sorprenderlo con un notevole colpo di scena che, più che destabilizzare, vuole giocare ancora una volta con l'ipocrisia della società contemporanea. A questo punto bisognerebbe riflettere sul fatto che uno dei migliori episodi è stato realizzato da un autore che non si può certo etichettare come regista horror; i suoi colleghi, forse, dovrebbero imparare come farsi ingabbiare in un genere non sia molto salutare. Mantenere la distanza è il miglior modo per osservare ed imparare.

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Già visti gli episodi di: Carpenter, Argento, Malone

13.11.08

Le foto di Lynch a Roma

Luca mi segnala l'approdo di questa mostra ad Honk Kong. La sua mail mi fa tornare in mente che mi ero impegnato a vedere la mostra fotografica di David Lynch a Roma duranteil Festival. Ed effettivamente ci sono stato ma poi non c'ho scritto due righe. Perché? La mostra erano 30 fotografie sistemate 'alla meglio' in una stanza piuttosto abbandonata a se stessa e con un sottofondo sonoro non molto adeguato a Lynch. In più, le 30 foto mi hanno lasciato se non perplesso comunque indifferente: tutte in bianco e nero, tutti dettagli di corpi femminili nudi o fabbriche spesso abbandonate (a volte il dettaglio era così stretto da rendere di difficile comprensione la parte anatomica inquadrata). Sarà che non ho gli strumenti per capire una cosa del genere, le 30 foto non mi sono piaciute granchè e di certo non mi sentivo di consigliare la visione della mostra. Ben altra cosa mi sembrò l'allestimento The Air is On Fire nato in Francia e arrivato anche da noi un pò di tempo fa ma quello l'ho potuto ammirare solo da lontano.

11.11.08

The Nirvana Boy

La copertina di Nevermind dei Nirvana del 1991 è entrata prepotentemente nell'immaginario collettivo. Oggi 17enne il protagonista di quella foto, Spencer Elder, rende omaggio alla copertina che gli ha donato un discreto successo (stavolta, però, senza nudità). La storia la trovate nel link al termine del post.(da Corriere.it)

8.11.08

Dio, patria e famiglia

Stavo pensando di buttare giù due righe per riflettere sulla facilità con cui si era annunciato il grande ritorno del cinema italiano (?) grazie a due film come Gomorra e Il divo ma Nanni Moretti ha sintetizzato in una sola frase quello che avevo in mente: "chi dice che è il rinato cinema italiano, o quello d'impegno. In realtà sono film a coronamento di due autori". E la frase mi sembra così lampante che non mi sembra neanche il caso di approfondire. La dichiarazione è saltata fuori durante l'ennesima polemica nella quale Moretti è stato tirato e che la dice lunga sullo stato di salute del cinema italiano. Il regista de Il caimano, stavolta, è stato accusato di antipatriottismo e di eccessiva esterofilia (sic) perché nella sua seconda edizione del Festival di Torino non c'è manco un film italiano nelle sezioni principali: "abbiamo scelto semplicemente i film che ci piacevano di più. Ne abbiamo visto molti, ma non ci è sembrato di trovare quello adatto. L'anno scorso avevamo inventato la sezione Panorama italiano, quest'anno non c'è. È così, non so, magari l'anno prossimo..." La cosa che più mi ha sconcertato della vicenda è che a lamentarsi è stato il capogruppo An-Pdl in consiglio comunale a Torino Roberto Ravello, sostenendo di voler convocare Moretti in Commissione Cultura per ricordargli che il Festival di Torino è finanziato dalla regione e dal Comune di Torino: enti italiani, ci siamo capiti? Moretti, oltre a ricordare che al di fuori della rassegna ufficiale ci sono spazi nei quali il cinema italiano è ben rappresentato, si è sentito giustamente in dovere di ricordare che lui come direttore non ha alcun obbligo da chi sostiene il festival a ficcarci dentro pellicole italiane.
Ecco, per chi si stava ancora chiedendo qual è la situazione della cultura italiana, potrebbe aver trovato la sua risposta.

3.11.08

Masters of Horror (1) Carpenter, Argento, Malone

Masters of Horror si compone di due stagioni durante le quali nomi accreditati del cinema internazionale hanno dato libero sfogo alla propria vena horror.

Cigarette Burns di John Carpenter. Il regista vola alto, tenta un'appassionata e ardita riflessione teorica e perché no filosofica sul cinema, salvo schiantarsi al suolo con un risultato finale al limite dell'imbarazzante. Decisamente un episodio che sfiora in parecchi momenti il ridicolo, con una sceneggiatura paurosamente debole ed inconsistente, malamente interpretato da quasi tutti i protagonisti ed inconsistente nella resa finale. Una sonora delusione.
Jennifer di Dario Argento. Il nostrano regista si butta in una storia complessa per certi aspetti che ricorda un pò Cronenberg per l'uso che fa dei corpi e delle loro pulsioni. Le citazioni si sprecano ma il tono rimane basso, non c'è volontà di stupire ma solo di arrivare alla fine (telefonatissima) salvando il salvabile. Mediocre come il cinema degli ultimi anni di Argento, regge solo l'interessante discorso sulla pochezza umana e la sua incapacità di saper combattere gli istinti più perversi.
The Fair Haired Child di William Malone. Il più compatto dei pochi episodi visti fino ad ora, ha una certa forza nel riproporre gli stereotipi classici del cinema horror inquadrati in una regia piuttosto moderna, che ha molti debiti nei confronti dei videogames horror stile Silent Hill. Un pò ingenuo nel proporre flashbacks come soluzione narrativa per chiarire i punti oscuri della trama, si riscatta nel proporre un mostro di turno decisamente inquietante e in un paio di sequenze che trasmettono qualche brivido: bellissima la scena di estrema violenza preceduta da un lungo momento di schermo nero. Da notare anche la grande attenzione dedicata agli effetti sonori.

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2.11.08

Cartoline da Roma - 2 e fine

  • I vincitori li trovate qui. Sono molto perplesso sui voti espressi dal pubblico, un sistema partito male e corretto in corsa come ammesso dagli stessi organizzatori.
  • E' partita una feroce guerra di cifre: chi parla di debacle, chi parla di successo. Quello che ho visto io: molta meno gente durante il giorno, solito casino alla sera. Il calo di presenze, secondo me, era visibile ad occhio nudo.
  • L'organizzazione quest'anno si è superata: file ai botteghini onnipresenti, biglietti per gli eventi perennemente terminati, una security ossessiva manco fossimo tutti obiettivi di Al Qaeda.
  • Il badge di quest'anno costava uguale all'anno scorso ma con molti privilegi in meno; ad esempio noi badge blu non potevamo più entrare liberamente alle conferenze stampa come l'anno scorso ma sorbirci le solite e stancanti (e ridicole) rush line. Non solo, qualche volta pretendevano pure di assegnarti il posto (in piccionaia, ovviamente). Le cose sono due: o si è voluto allontanare il pubblico da quegli eventi o la stampa si è lamentata di dovesi mischiare con la plebe. Delle due, quale secondo voi?
  • Anche quest'anno si sono spacciati come il festival che offre l'opportunità al pubblico di partecipare a quegli eventi che normalmente gli sono preclusi agli altri festival. Nei due anni precedenti ci erano riusciti, quest'anno hanno deluso alla grande, anche per i motivi appena descritti sopra.
  • I red carpet sembravano il deserto nel west. Ad eccezione di Al Pacino, c'era sempre poca gente e perfino i fotografi sbadigliavano non sapendo chi fotografare (ho evitato di inserire Twilight e High School Musical 3 perché hanno sì avuto il bagno di folla ma si tratta di ragazzini urlanti e deliranti, perciò...)
  • Il wi-fi all'auditorium è una chimera. Di quelle nere! A meno che non paghi! Il personale dislocato nei vari punti dell'auditorium non sa mai nulla di quello che gli chiedi: non ti sanno dire perché il wi-fi non funziona, anzi non sanno manco che c'è il wi-fi all'auditorium!
  • Ho incrociato la Detassis tutti i giorni. Volevo lamentarmi con lei per tutti i disservizi. Poi incontravo Maigrelli e volevo lamentarmi con lui. Poi incontravo Sesti e volevo lamentarmi con lui. Alla fine mi sono lamentato con il tizio che mi vendeva il giornale tutti i giorni.
  • Gli ultimi tre giorni sono stati funesti: nubifragi a non finire e proteste degli studenti che paralizzavano la città. A proposito, ho girato Roma in macchina per dieci giorni: il tom-tom è una macchina infernale e che istiga alla violenza!
  • Non so se voglio tornarci l'anno prossimo. Se questa era l'edizione nella quale Rondi non aveva messo mano, non oso immaginare quella dove lui ci mette la faccia!

Kill Gil 2 e 1/2 (Rome FilmFest 2008)

Kill Gil 2 e 1/2 di Gil Rossellini
Rome FilmFest 2008
L'ALTRO CINEMA/EXTRA

E' un documentario che non vuole aggiungere nulla al genere ma che pone al centro del tutto solo l'incredibile storia umana del suo protagonista. Gil Rossellini 4 anni fa si risveglia dal coma senza l'uso delle gambe: un devastante virus lo sta consumando dall'interno e da allora ingaggia una battaglia per combattere e sconfiggere il male e per riacquistare la vita che aveva sempre avuto. Pur di guarire e di porre un freno ai terribili dolori che lo attanagliano, si sottopone a 45 interventi chirurgici in 3 anni e mezzo. Riprende o fa riprendere tutto con una videocamera per terstimoniare il suo attaccamento alla vita, la sua voglia di non arrendersi e l'incredibile onda di amicizia ed affetto che lo hanno aiutato a sopravvivere ad una tragedia del genere. Questo è il terzo episodio del suo racconto, si chiama 2 e 1/2 perché doveva essere l'ultimo dedicato alla malattia: con il numero 3 voleva raccontare la guarigione. Ma non ce l'ha fatta: il 3 ottobre è stato sconfitto dal male ed è morto dopo aver dovuto subire anche l'amputazione di una gamba. Rossellini racconta tutto questo senza nessun pudore e con uno stoicismo invidiabile: la sua ironia e la sua forza d'animo fanno da contraltare alle crudissime immagini dei suoi interventi chirurgici (diverse persone in sala si sono allontanate perché non riuscivano a sostenere lo sguardo mentre un paio sono pure svenute causando l'interruzione della proiezione... se Rossellini fosse stato lì, si sarebbe spanciato dalle risate!) e al racconto delle mille difficoltà che un disabile deve affrontare nella vita di tutti i giorni.
Fatto sta che Kill Gil è un film importantissimo da vedere, che ha molto da insegnare e di cui non si deve sottovalutare il potenziale per così dire 'pedagogico': è necessario per ridimensionare le molte opinioni fallaci che si hanno della vita e della morte, sull'importanza delle opportunità che la propria storia umana offre e ancor di più della vitale capacità di saper costruire rapporti di amicizia e parentali capaci di sopravvivere ai più violenti ostacoli. Fra le tante, due sono le frasi memorabili pronunciate da Gil Rossellini: "ho perso le mie gambe ma ho trovato tanti amici e tutto sommato credo che sia stato un buon affare. E per onestà nei confronti dei miei amici e della mia famiglia non mi resta che fare il meglio che posso prendendo la vita un giorno alla volta" e poi "a chi mi chiede perché ho realizzato Kill Gil rispondo che non potevo esimermi dal raccontare la cosa più interessante che mi fosse mai capitata!"
Un documentario da diffondere con la stessa forza di cui Rossellini era capace. L'ultima immagine ce lo mostra con una gamba in meno eppur felicissimo di essere uscito dall'ospedale, all'aria aperta, sorridente e raggiante. C'è poco altro da aggiungere. E molto da ammirare.