21.10.10

Buried

Buried di Rodrigo Cortés
(2010) Usa\Spa\Fra


Buried è un film politico. Il pretesto della claustrofobica trama thriller cede presto il passo alle connotazioni politiche e le relative conseguenze che questo comporta. Infatti la storia del povero Paul è implausibile ma non è alla coerenza narrativa che il film mira, difatti non avrebbe senso rinchiudere un sequestrato dentro una bara e costringerlo a procurarsi da lì i soldi del riscatto. Il fulcro del film è il luogo della vicenda: l’Iraq bombardato a scopi pacifici, i meccanismi insani delle guerre e come questi riescono ad influire anche sulle vite di coloro che di nazionalità appartengono al paese che quel bombardamento lo ha avviato: la storia di Paul è anche la storia dell’economia che si mette in moto intorno alla guerra fino a colpire le vite dei poveri cristi che per sfamare la famiglia si arruolano o fanno i lavoratori civili in zone di guerra. Ecco perché la plausibilità del film sta nella sua ambientazione irachena. Tutto questo è ancora più chiaro nella provocatoria scelta del finale, che ovviamente non rivelerò (a film finito, la gente è rimasta immobile per secondi interminabili, con le luci della sala già accese) ma che ben centra l’obiettivo morale dell’intera pellicola.
Buried è anche una sfida. Quella del regista Rodrigo Cortés che si impone 90 minuti di film girati all’interno di una bara sepolta. E lo fa per davvero senza farsi mancare nulla: la macchina da presa si muove, allarga e stringe, compie carrelli, zoomate (bellissima la scena ad alta tensione segnata da improvvisi zoom in avanti sul viso del protagonista) e perfino panoramiche. Cose apparentemente impensabili all’interno di una bara eppure Cortés lo fa e lo fa anche costruendo numerosi pretesti per non appiattirsi su un’unica fotografia monolitica. E la musica ci mette del suo, con un uso degno di Hitchcock (quest’ultimo sarebbe stato orgoglioso di questo film e fra l’altro la sua influenza si sente dappertutto, compresa nell’omaggio neanche tanto velato a Vertigo nei titoli di testa).
Buried è anche una vittoria, quella di Ryan Reynolds che costringe i suoi muscoli all’interno di una cassa e gioca tutta la sua interpretazione giocando al ribasso, alla sottrazione e per questo motivo senza mai diventare patetico o eccessivo ma semplicemente perfetto per il ruolo. Non male per uno che non si è mai particolarmente distinto per le sue doti, fino ad oggi. 

3.10.10

Inception

Inception di Christopher Nolan
(2010) Usa\Uk


La lunga e misteriosa attesa è stata alla fine premiata: Inception è ciò che ci si aspetta. Un film ambizioso, coraggiosamente spericolato nelle intenzioni narrative e nella messa in scena: una storia complessa e macchinosa da seguire e l’auto-inflitta limitazione all’uso degli effetti speciali digitali; per questo, stupore e meraviglia per la scena nel corridoio dell’albergo sono doppi se si pensa che è tutto artigianale, che quel corridoio sta ruotando davvero, ma sono doppi perché se non lo avessimo saputo, se Nolan non fosse andato in giro a raccontarlo orgogliosamente, probabilmente non ce ne saremmo neanche accorti, non avremmo notato nessuna differenza. Perché Nolan è fatto così: è fra i pochissimi registi sulla scena mondiale ad aver costruito una grammatica personalissima del cinema; vedi un suo film e ne riconosci lo stile, i topos, la visionarietà che lo contraddistingue, gli altissimi standard delle sue ambizioni e delle tematiche che gli ronzano in testa. Pur non essendo un film perfetto (orrore, un film imperfetto non può entusiasmare così tanto!) Inception fa dimenticare le sue sbavature, sulle quali più avanti tornerò, e produce risultati non indifferenti. 
INNESTO #1. Freud, Escher, il concetto di paradosso, l’arte surreale, il cinema di fantascienza, il romanticismo, Inception rappresenta un’accorta amalgama di influenze culturali che hanno avuto modo di crescere nella testa di Nolan durante i 10 anni di gestazione del film. Chiamatelo come volete, post-modernismo, mash-up e tante altre belle parole, ciò che conta è che Nolan porta al cinema una commistione di influenze degna dei grandi autori con Kubrick in testa e lo fa con grande coraggio e sottigliezza nel richiedere un notevole sforzo al suo pubblico più smaliziato ma senza mai far sentire a quell’altro pubblico la fastidiosa sensazione di essersi perso qualcosa. Nolan ha fatto una scommessa non indifferente con questo film e questo ci porta al passo successivo.
INNESTO #2. Nelle sue opere più riuscite, The Prestige in testa, Nolan ha sempre messo a nudo più o meno involontariamente le sue paure, le sue riflessioni sullo stato delle cose, la sua idea di cinema. Per questo quando si guarda un suo film si finisce sempre con il cogliere una componente metacinematografica che sembra fare il punto  sulla sua carriera ma anche sul cinema che gli sta attorno. Con Inception il discorso è ancora più sottile: come lo stesso Nolan ha ammesso, la storia del film è anche l’idea che il regista ha del suo cinema, un’arte collaborativa fatta di intelligenze che si completano, di invidualità che condividono un’idea nella quale credono e che vogliono vedere realizzata. Il trampolino per il terzo livello.
INNESTO #3. Il concetto del film è l’utopia che si possa impiantare nella testa di qualcun altro un concetto, un’idea, un pensiero. E lasciarglielo lì, questo virus bastardo capace di consumare anima e corpo nelle sue riflessioni. Per fare ciò i protagonisti si servono dei sogni, elaborazioni di un subconscio dove tutto è vero (perché ciò che sogniamo non lo possiamo inventare) e tutto è falso (ciò che sogniamo non corrisponde alla realtà nella quale viviamo) con il rischio di confondersi e perdersi nelle varie realtà. Perché la percezione del mondo circostante è un po’ il pallino del buon Nolan che si è sempre cimentato con personaggi ambigui calati in un ambiente tale da indurre seri dubbi sulla sua realtà (il protagonista di Memento non poteva nemmeno fidarsi di sé stesso, gli illusionisti di The Prestige erano ossessionati dall’inganno che i propri occhi subivano). Tutto questo ci porta all’assunto finale del film: quella trottola smetterà o no di girare? La risposta è: il regista vi ha impiantato un’idea nella testa, ha fatto lo stesso lavoro dei suoi protagonisti attraverso il sogno del cinema; è davvero importante la risposta a quella domanda o è importante come quella domanda vi sia stata “innestata”?
INNESTO #4. E chiediamoci anche quanto tempo Nolan ha impiegato per innestarci quella domanda. Perché uno dei momenti chiave e bellissimi della pellicola è lo scorrere del tempo di tre diverse dimensioni temporali che si influenzano l’un l’altra: qui Nolan compie il vero miracolo già insito nella sceneggiatura: una trama così complessa viene sciolta e raccontata in maniera chiarissima, non c’è nessun rompicapo da risolvere, l’abilità di Nolan di raccontare tanto ma di farlo bene è intatta e il momento dei diversi piani temporali è una sfida monumentale per il regista nonché il momento più alto della sua poetica: ancora come gli illusionisti nel passato della sua carriera, l’autore non vuole altro che stupirci ma con intelligenza, dando un senso alle immagini che popolano la sua storia e non buttandoci a caso sparatorie e morti. Anche perché c’è un concetto di morte piuttosto atipico che ricorda ben altro.
INNESTO 4#. Dal livello precedente il passo è breve: Inception è un cinema multimediale che fagocita stili e linguaggi che non appartengono alla cinematografia ma che negli ultimi anni si sono imposti, uno su tutti il linguaggio dei videogames che qui permea tutta la struttura del racconto. Missioni da portare a termine affrontando diversi livelli da superare e in caso di ferita o morte ci si può sempre rifare passando al livello successivo o tornando a quello precedente. Vi ricorda niente?

Certo, come dicevo sopra, Inception non è perfetto: non ha il crescendo emotivo de Il cavaliere oscuro e molto spesso non arriva mai ad emozionare perché disperde in troppe direzioni il suo potenziale; non ha i dialoghi memorabili del Joker ma anzi ha forse alcuni dei peggiori dialoghi del cinema di Nolan (l’assenza del fratello sceneggiatore si sente); non ha l’impatto devastante di una storia intricata che lentamente si scioglie poiché la non brillante idea dell’incipit di Inception lascia decisamente il tempo che trova; soprattutto Inception soffre, a mio parere, di una certa debolezza nel montaggio, incapace in alcuni punti di raccordare a sufficienza alcune scene ed in altre di mantenere chiara e lucida l’enorme mole di azioni che si svolgono sullo schermo (laddove, invece, trionfava Il cavaliere oscuro). Ma a questo si contrappone tutto quanto scritto prima, al quale bisogna aggiungere una delle più grandi colonne sonore degli ultimi tempi (Hans Zimmer) ed un finale ad altissimo tasso ansiogeno: le ultime immagini non le dimenticheremo facilmente!

Nota al margine: la storia che il film sia incomprensibile è una bugia montata ad arte, non so se dai nerd o dagli addetti al marketing. E’ solo un film complesso non adatto al pubblico pigro, quel pubblico che a noi non interessa. Ultima annotazione: Nolan mantiene viva la curiosa abitudine di far saltare qualcuno dall’alto e inquadrare in primo piano le gambe che si spezzano; stavolta è Di Caprio a saltare ma le sue gambe reggono il colpo. Che cosa è cambiato?