8.4.08

Uno sguardo altrove: Lost

E' giunta l'ora che anche io spenda due parole su Lost. Fenomeno televisivo dirompente degli ultimi anni, l'unico che sia riuscito a creare un clamore ed un fanatismo riconducibili ad un illustre predecessore ed ispiratore quale è X-Files, il serial Lost è stato co-creato nel 2004 dalla fervida immaginazione di uno dei genietti degli ultimi anni, J.J. Abrams, che ha poi applicato il 'metodo Lost' alle sue produzioni cinematografiche (vedi Cloverfield). Non starò qui a scrivere di cosa narra il serial, quali sono i motivi per cui è così interessante perché in rete è stato già detto e scritto tutto ed esistono migliaia di siti e blog che ne spulciano ogni particolare (a tal proposito, sono imperdibili Lostpedia, la sezione di Wikipedia totalmente dedicata al serial, e mi sento di consigliarvi personalmente il sempre aggiornatissimo DaddunLost). Ciò che mi preme è scrivere qualcosa di personale, di un nucleo centrale che solo ogni tanto sembra emergere in superficie nella trama del serial ma che invece a me (ma sicuramente a molti altri) è sembrato centrale e fondamentale.
Lost è la storia di un gruppo nutrito di persone che precipita su un'isola. Ciascuno di loro ha un passato che non solo lo collega a qualcun'altro presente sull'isola ma che sembra anche essere buon motivo di una predestinazione a precipitare proprio lì. Il luogo dove si risvegliano dopo l'incidente sembra essere idilliaco ma fin da subito si rivela minaccioso: oscure presenze infestano la giungla, strani esperimenti vengono condotti da persone che già abitavano l'isola. Ogni personaggio, allora, dovrà farsi carico delle proprie esperienze e della propria personalità per cercare di sopravvivere in un posto che tutto sembra tranne che accogliente. Ed ecco, allora, il punto emotivamente più forte di Lost: l'umanità che viene rappresentata, i protagonisti, è un ampio ventaglio di personalità che abitano il nostro mondo e in cui tutti gli spettatori (costante dei serial) possono riconoscere qualcosa di sè stessi. Ma questo va ben oltre il mero tecnicismo di empatia con il pubblico. I protagonisti, dal primo all'ultimo, ingaggiano una battaglia con quelli che sembrano essere elementi soprannaturali (ma a Lost nulla è come sembra) ma in realtà stanno combattendo con le stesse paure che affrontiamo noi nella vita di tutti giorni, in primis la paura della morte e il fortissimo spirito di sopravvivenza che ci contraddistingue. Ognuno di loro deve fare i conti con gli errori del passato, più o meno grandi, riconciliarsi con sè stessi e trovare la forza di andare avanti. Di espiazione si tratta, nulla a che vedere con le religioni anche se Lost, specie nella seconda serie, porta avanti un discorso non indifferente sullo spiritualismo e soprattutto la fede. Ma ciò che tende a sottolineare è il difficile cammino che tutti devono intraprendere per scacciare i demoni di un passato che in quanto tale influenza presente e futuro. Viene dipinta così l'umanità tutta in un microcosmo fanta-avventuruoso dove è prepotente una fortissima carica drammatica; impossibile non emozionarsi insieme ai protagonisti, la qualità di scrittura degli autori è altissima mentre la regia alterna alti e bassi notevoli (ma gli alti sono pura eccellenza). Il quadro finale lo avverto desolante ma umanamente vero: si vive insieme, si muore soli, come viene più volte ripetuto nell'arco narrativo della storia. E' una risposta che non consola ma è la vita stessa a non essere conciliante con le aspirazioni degli individui. Tutto ciò viene ancora più rafforzato dalla geniale svolta narrativa che viene lanciata al termine della terza stagione: raramente si era visto tanto coraggio nel ribaltare completamente il punto di vista di un serial dopo 3 cicli di successo ed invece è cio che avviene; il sistema narrativo del telefilm viene totalmente rigirato (dal sistema flashback/presente si passa a flashforward/presente mostrando così quale sarà la sorte dei personaggi alla fine dell'avventura ma senza per nulla intaccare la suspance insita nella storia).
Infine, alcune coordinate personalissime ve le devo dare: John Locke (magnifico e premiato Terry O'Quinn) è uno dei personaggi più affascinanti degli ultimi anni della televisione e da tanto fascino è nata la più ipnotizzante nemesi della tv dell'ultimo decennio (il personaggio di Michael Emerson). E il gruppo creativo che ruota intorno a Lost è uno dei migliori che ci sia in circolazione.
Quarta stagione in corso, Lost è forse l'unico serial che ha già deciso con ampio anticipo quando scrivere la parola fine (si parla di cento episodi per un totale di 6 stagioni ma lo sciopero degli sceneggiatori ha messo in crisi questa certezza), consegnando così ancora più forte l'idea che chi ci lavora non sta andando allo sbaraglio o al rilancio continuo di misteri e segreti ma ha già un'idea dell'insieme e della direzione della storia. Chapeau!

1 commento:

Anonimo ha detto...

La tua analisi di Lost è da condividera pienamente. Lost, telefilm molto amato e per quaesto anche molto criticato, rappresenta un punto di non ritorno della Televisione, uno di quei momenti in cui si capisce che le cose non saranno più le stesse. Irripetibile. Grazie per la generosa citazione!! Ale