27.6.08

Continua la rivolta del cinema italiano

Il gruppo dei Centoautori si è unito alla protesta di Anica, Agi e Api, invocando non solo il boicottagio dei Festival italiani ma anche le dimissioni del Ministro Bondi. (Ministro e Bondi... per quanto mi riguarda, due parole che non dovrebbero stare nella stessa frase!)
Il comunicato dei Centoautori esordisce così: "Dopo anni, il cinema italiano era riuscito a ottenere dal precedente governo due norme vitali per il suo sviluppo, tax credit e tax shelter, misure che lo mettevano alla pari con gli altri paesi e lasciavano sperare in un rilancio e in una crescita artistica e industriale. Ora invece siamo al paradosso: un governo liberista, che dice di voler aiutare l’imprenditoria del nostro paese, CANCELLA QUESTE NORME, lasciando solo quelle che aiutano il cinema USA e le ristrutturazioni delle sale cinematografiche. Visto che si produrranno sempre meno film italiani, ci chiediamo perché rinnovare le sale a spese dei contribuenti. Per migliorare ulteriormente la visibilità dei film hollywoodiani?" Il comunicato prosegue facendo svariati esempi di altre nazioni nelle quali sistemi d'incentivazione liberisti aiutano il mercato cinematografico, uno su tutti l'America nella quale sono attive 200 misure di incentivazione a livello nazionale e locale. Prosegue poi con un preciso attacco: "È proprio questa libertà che il governo Berlusconi, liberista a parole, vuole sopprimere. In campo culturale le misure liberiste preferisce applicarle solo ai film hollywoodiani. I “nostri” film è meglio non farli. Potrebbero, come hanno fatto anche recentemente con riconoscimenti internazionali e successo di pubblico, rappresentare un paese che la televisione ha smesso di raccontare. Meglio, molto meglio che tutti coloro che fanno il cinema, sempre più stretti tra duopolio Rai e Mediaset, monopolio Sky e le grandi distribuzioni americane, rimangano nella condizione di questuanti della politica." Il comunicato si conclude con la richiesta di dimissioni del Ministro Bondi e con l'invito ad autori, registi, produttori ed attori a non partecipare in nessun modo ad alcuna manifestazione nazionale.

25.6.08

Il cinema italiano boicotta i Festival

Clamorosa azione di protesta delle associazioni industriali del cinema italiano: Anica, Agis e Api. Per protestare contro l'abolizione della tax credit per il settore voluta dall'attuale governo italiano, l'intero settore annuncia la volontà di voler boicottare i prossimi festival cinematografici italiani (Venezia, Roma e Torino). Le tre manifestazioni, dunque, rischierebbero di non avere nessun film italiano in cartellone. Nel comunicato che annuncia la decisione si può leggere: "Deve essere chiaro a tutti che il governo, venendo meno a impegni precisi, ha deciso di infliggere un colpo mortale al cinema italiano nel momento in cui dimostra appieno, anche a livello internazionale, la sua vitalità artistica e industriale. Ulteriori azioni saranno decise al più presto. Le rappresentanze dell'industria cinematografica italiana, Anica, Api, Agis sono unite nel manifestare lo sgomento per l'eliminazione delle misure di incentivo fiscale per il cinema decisa dal governo, in incomprensibile contraddizione con la dichiarata volontà di abbandonare le politiche assistenzialistiche del passato per dar vita a un circolo virtuoso di nuovi investimenti, nuova occupazione, nuovi film. Viene abrogata una legge decisiva per il futuro del nostro cinema. E' incredibile che tale abrogazione passi attraverso il divieto di presentazione di emendamenti di parlamentari della maggioranza stessa che, tra l'altro, avevano individuato con precisione l'adeguata copertura finanziaria. Tutto il cinema italiano è mobilitato contro questo atto devastante".
Si attende la risposta del governo.

22.6.08

David Lynch: Beautiful Dark

Interessantissima notizia da Dugpa.com. Il 28 settembre verrà dato alle stampe (edizione americana) quello che si presenta come uno studio definitivo e completo su David Lynch, il libro Beautiful Dark di Greg Olson. L'opera ricostruisce l'intera carriera di David Lynch in tutte le sue espressioni artistiche (dal cinema alla musica, non esclude nulla) e in parallelo con la sua biografia, nelle intenzioni di ricostruire tutte le influenze ricevute anche nella vita privata fin dall'infanzia. Inoltre l'autore ha raccolto numerose testimonianze di colleghi, tecnici che hanno collaborato con Lynch nonchè di amici e parenti. Un'attenta indagine per non tralasciare nulla. La punta di diamante è la collaborazione più importante: lo stesso Lynch si è prestato alle indagini ed alle domande di Olson per non far mancare davvero nulla al libro.

19.6.08

Divieto di riprese per Angeli e demoni

Nuova pubblicità gratis in arrivo per Angeli e demoni di Ron Howard, il film che segue il successo de Il codice Da Vinci. Come sanno ormai tutti, è da ormai molti giorni che il film è in corso di riprese nella città di Roma. Ebbene, proprio in questi giorni è arrivato il divieto assoluto per la trupe da parte del Vaticano di poter girare scene nelle chiese di Roma; a quanto pare, il Vaticano ritiene il film lesivo per la propria immagine (per chi non avesse letto il libro, la storia narra di un gigantesco complotto orchestrato dagli alti vertici delle gerarchie ecclesiastiche per conquistarsi o rafforzare la fede del popolo) e non ha concesso i permessi per far entrare Howard, Tom Hanks e compagnia bella nelle chiese in cui si sarebbero dovute girare alcune delle scene fondamentali per la trama. La produzione ha dovuto ripiegare sulla Reggia di Caserta, dove verranno ricostruiti gli interni delle cappelle romane.

16.6.08

Festa del Cinema di Roma 2008

Quello che penso già lo sapete. Alla conferenza stampa di una settimana fa in cui Rondi è stato presentato, sono state dette un pò di cose.
Alemanno e Bettini sembra si siano punzecchiati con molta nonchalance. Incalzato dal presidente uscente, il sindaco di Roma ha rettificato le sue precedenti dichiarazioni: "Mai stato contrario al tapeto rosso, al glamour: ma a percorrerlo devono essere gli attori, le attrici, i registi, non i politici". Mah...
L'edizione del 2008 avrà ben poco di Gian Luigi Rondi. La Festa di quest'anno è già in fase di avviamento quindi il nuovo reggente avrà ben pochi spazi in cui agire. Appuntamento rinviato al 2009 quando, promette Rondi, ci sarà maggiore attenzione (ma non esclusiva) al cinema italiano (la frase "maggiore spazio al cinema italiano, che da sessant'anni è la mia ragione di vita" è tanto solenne quanto imbarazzante) e maggiore spazio al mercato (cioè alla vendita dei film in rassegna). Rondi vuole anche coinvolgere l'associazione Centoautori. Vuole smarcarsi dall'autoralità di Venezia e costruire una Festa che sia equilibrio tra glamour e cultura... niente di nuovo insomma!
Alemanno, dal canto suo, auspica una sinergia tra Festa e David di Donatello (ma il RomeFilmFest assegna già dei premi, quindi non si comprende il senso dell'idea) e si augura che i divi non spariscano ma che non ci sia omologazione a quelli di Hollywood. La fiera delle banalità insomma.
Nessuno dei presenti spreca due parole per Veltroni, vero padre fondatore della festa, fatta eccezione per un timido accenno da parte di Bettini.
Niente di nuovo all'orizzone.

13.6.08

E venne il giorno

The Happening di M. Night Shyamalan
(2008) Usa\India

Nella marea di detrattori di Shyamalan, io mi sono sempre proclamato suo fedele sostenitore fin da Il sesto senso arrivando sino alla sua opera più bella, The Village. Ho saputo riconoscere il mezzo passo falso compiuto con Lady in the water e adesso sono alle prese con questo E venne il giorno, su cui è davvero difficile fare un'analisi che non sfoci nell'invettiva.
Chiariamo fin da subito: il film non è da buttare, anzi. Ha quanto meno il pregio di tenersi a galla fra i suoi numerosi difetti senza mai annoiare (Indy IV, per esempio, mi ha annoiato molto di più). Ma c'è un problema di fondo: l'intero film è stato realizzato solo per mettere in scena i suicidi di massa. E quelle sono scene eccellenti, dove come al solito Shyamalan riesce a far sentire tutto il suo personalissimo stile nel creare tensione e disturbare lo spettatore. Ovviamente le citazioni si sprecano (come non pensare a Gli uccelli) ma il regista riesce sempre, come suo solito, ad inglobare la tradizione del cinema classico non per metterla semplicemente in scena oggi ma per proiettarla in una fortissima idea di cinematografia contemporanea. Ecco, questo ha di bello E venne il giorno. Per il resto c'è molto da ridire: già con Lady in the water l'autore aveva dimostrato di essersi arrugginito come sceneggiatore e difatti la qualità dei dialoghi e lo sviluppo della sceneggiatura qui vanno peggiorando; così come la direzione degli attori sembra essere molto più svogliata del solito. Insomma, la netta impressione è che ci sia stata una grande idea a cui non si è prestata sufficiente attenzione. Fra l'altro, ciò che più addolora è la latitanza di quella critica della società moderna su cui le opere di Shyamalan sono sempre cresciute. Mi preme sottolineare, invece, la durezza di alcuni contenuti del film, questi sì elementi nuovi nel cinema di Shyamalan: non mi riferisco solo alle mutilazioni o alle orrendi morti ma soprattutto ad un avvenimento del film preciso: INIZIO SPOILER -- l'assassinio piuttosto violento e mostrato di due adolescenti, un atto che in molti credo troveranno eccessivo e fin troppo cinico, mentre a me è sembrato coraggioso e orrendo al tempo stesso -- FINE SPOILER.
Un altro passo falso. Shyamalan ha bisogno di riflettere e deve farlo in fretta. Ha bisogno di rinnovarsi nelle tematiche e nello stile e anche se E venne il giorno è un film godibilissimo ed ha alcune scene di pregiatissima fattura, non lascerà una grande impronta nella memoria collettiva. Peccato.

12.6.08

Uno sguardo altrove: The Kingdom (Riget)

Lars von Trier si ama o si odia. Non ci sono vie di mezzo. Io sono uno di quelli che lo ama pur non condividendone le tematiche di fondo, una su tutte l'onnipresenza celata di spiritualità e di dio nelle sue opere. E The Kingdom, a tal proposito,non fa eccezione perché nella sua ricchezza di contenuti (satira, grottesco, critica sociale, horror...) narra pur sempre di vita dopo la morte, di lotta tra bene e male, di esistenza di un mondo altro che si traduce in fede.
The Kingdom è un serial fondamentale per la televisione ed importantissimo per la carriera di von Trier. Scritto e diretto in tandem con il socio Morten Arnfred, sancisce l'arrivo sugli schermi casalinghi di alcune caratteristiche del Dogma (la fotografia e la povertà dell'immagine) fuse ai più classici linguaggi hollywoodiani (qui von Trier non disdegna lunghi piani sequenza in steadycam o l'uso di effetti sonori e musiche per aumentare la tensione). Il serial sembra in principio essere un racconto horror ma ben presto si trasforma negli ormai celebri eccessi di von Trier di deformazione della realtà e al tempo stesso di sua rappresentazione genuina: la sua critica si rivolge ai sistemi sanitari e all'abisso che spesso divide il medico dal paziente ma ben presto ha il sopravvento il gusto del grottesco per cui non solo i medici fanno più male che bene ma lo fanno facendo ridere, suscitando risate nello spettatore, mettendo in secondo piano la pericolosa immoralità dei loro comportamenti. Nell'ospedale del Regno nessuno sembra sano di mente e basta poco per scatenare il peggio di ciascuno; ovviamente è anche colpa dell'influenza degli spiriti ma fin dall'introduzione che precede ogni episodio è chiara l'intenzione di von Trier: gli uomini di scienza hanno creduto di potere ogni cosa grazie ai loro strumenti e senza alcun barlume di spiritualità. Ecco, appunto: discutibile ma pur sempre una presa di posizione chiara.
Nell'arco di due stagioni di pochi episodi ciascuna assistiamo a tutto ciò in un contesto horror molto serio, di quelli davvero raccapriccianti e spaventosi come non se ne vedono da molto tempo: von Trier, come al solito, si dimostra abilissimo e a suo agio nell'esplorare i più disparati generi e anche qui ci infila aspetti personalissimi per fonderli con i più classici stilemi dell'orrore. La scena finale della prima stagione è impressionante (una donna partorisce un bambino dalle dimensioni di un uomo) mentre su tutta la seconda serie aleggia il personaggio tragico e disgustoso insieme di Fratellino, il bambino nato per essere sacrificato al bene nel modo più orribile. Ovviamente i riferimenti, più o meno celati, a Twin Peaks si sprecano o talvolta sono divertiti ribaltamenti (le introduzioni sibilline della signora del ceppo diventano le chiuse altrettanto bizzarre e non-sense di Lars ad ogni episodio), in ogni caso non sono vere e proprie citazioni ma un rimaneggiamento delle teorie televisive e cinematografiche americane.
Avrebbe dovuto esserci una terza serie ma buona parte del cast è nel frattempo defunta e von Trier ha venduto gli appunti del terzo ciclo a Stephen King in occasione del remake americano del serial (non perdete neanche cinque minuti a recuperarlo). Ma non sappiamo se quegli appunti siano mai stati utilizzati da King. Quello che sappiamo è che The Kingdom non lo vedrete mai in televisione (fatta eccezione per le rassegne di Ghezzi su Raitre a notte fonda) e che rappresenta un'eccellente biglietto da visita di von Trier per l'ormai prossimo Antichrist, il primo film horror del regista danese.

10.6.08

Le ragioni dell'aragosta

Le ragioni dell'aragosta di Sabina Guzzanti
(2007) ITA

Che piacevole sorpresa questo film! Dopo il botto documentaristico ed essenziale di Viva Zapatero!, la Guzzanti torna dietro la macchina da presa per un film per nulla da trascurare che ha come maggior pregio quello di indagare un linguaggio cinematografico non del tutto nuovo (Moretti insegna) ma mai approfonditamente esplorato. Sabina Guzzanti sembra avere gli strumenti giusti per farlo e anche se fra gli attori del film è quella che sembra più inadeguata di tutte, si deve certamente a lei la perfetta riuscita della pellicola.
L'idea che sta alla base è di raccogliere il parco attori dello storico programma tv Avanzi in occasione di un evento per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo il problema della pesca delle aragoste in Sardegna. Ma stavolta la satira sociale rimane quasi sullo sfondo, anche se pur sempre fondamentale per l'intreccio in quanto stavolta la Guzzanti non si chiede se in Italia sia ancora possibile fare una satira libera ma preferisce spiare quegli uomini e quelle donne che dovrebbero farla; come sono oggi? Come sono cambiati negli ultimi 15 anni con il terremoto politico e culturale a cui siamo sottoposti? Che drammi hanno vissuto? (e qui la storia di Cinzia Leone è la più tragica e toccante di tutte) Ecco che compaiono in scena nevrosi e preoccupazioni di attori che interpretano sé stessi, di realtà fagocitata dalla fantasia, di vera e propria psico-analisi di gruppo che diventa arte e cinema. Le ragioni dell'aragosta vuol narrare di un paese cambiato, mutato, soprattutto del gap culturale che ci separa dal resto del mondo e da qualche decennio dall'Italia che fu. E dell'importanza di coltivare la cultura e il sentimento più decoroso che essa richiede: il coraggio.
Il piccolo colpo di scena finale, se davvero così si può chiamare e che rimette in discussione tutto quanto si è visto, aiuta un'ulteriore riflessione sul mezzo cinema stesso. Sabina Guzzanti è solo alla sua seconda opera ma ha confermato il suo talento da regista e non gli si può augurare che una crescita costante. L'Italia ha bisogno di personaggi così. Altro che Beppe Grillo!

7.6.08

Mi assumo le responsabilità di quanto sto per scrivere

La notizia non è ancora ufficiale ma già lunedì verrà presentata alla stampa. Goffredo Bettini, presidente della Festa del Cinema di Roma, ha rinunciato ai prossimi due anni di presidenza della Fondazione Cinema per Roma che gli spettavano per contratto. E' stato praticamente costretto alle dimissioni dalla nuova amministrazione capitolina di cui è a capo Alemanno, l'uomo dalle idee charissime sul futuro della manifestazione fortemente voluta da Veltroni. Ovviamente, su Bettini era stato posto un veto da Alemanno e soci solo in quanto braccio destro di Veltroni (perché se il metro di misura doveva essere il successo della manifestazione, allora non avrebbero saputo dove appigliarsi). L'aspetto più squallido di tutta la vicenda è però un altro, che è la vera e propria ciliegina sulla torta: il nuovo presidente è quella mummia di Gian Luigi Rondi! Hanno nominato un 86enne alla guida di un Festival che ha solo due anni e che si è presentato agli occhi di tutto il mondo come qualcosa di fresco e dinamico! Per me Rondi rappresenta il peggio della critica cinematografica italiana e il rispetto che gli mostrano molti colleghi un semplice atto di cortesia nei confronti di un anziano.
La fase 'distruggere dall'interno' è iniziata. Per quanto mi riguarda se questa è la linea che seguirà, la Festa del Cinema di Roma è spacciata. Sarò pronto a ricrederemi quando verranno presentati i programmi e quando si svolgerà la terza edizione, ma lo scrivo a imperitura memoria: o dovrò pentirmi e scusarmi o dovrò sancire lo sfascio di una bella manifestazione.

6.6.08

Lost e i tempi che cambiano

Un segno dei tempi che cambiano.
Tanti anni fa. Quando David Lynch inscenò La stanza rossa di Twin Peaks nella quale i personaggi parlano al contrario, si costrinse a sottotitolare le scene seppur la maggior parte dei dialoghi erano comprensibili.
Oggi. Gran finale della quarta stagione di Lost (tranquilli, non vi rivelerò nulla e nella maniera più assoluta non vi dirò chi giace nella bara!). Il personaggio di Kate si sveglia nel cuore della notte e riceve una telefonata: una voce sembra dirle qualcosa di incomprensibile. Grazie alle tecnologie presenti su qualsiasi computer casalingo, gli autori di Lost non si sono minimamente scomodati ad inserire un sottotitolo o quant'altro fosse d'aiuto alla comprensione della frase. Chiunque ha visto quella scena, già sapeva di dover registrare l'audio e poi riprodurlo al contrario con un qualsiasi software audio ('registratore di suoni' di Windows in primis). Risultato: una voce che dice "the island needs you. You have to go back before it's too late".
Le tecnologie sono cambiate. Il pubblico è cambiato. I media (oppure il marketing) si adeguano.

4.6.08

Gomorra

Gomorra di Matteo Garrone
(2008) ITA

Cosa scrivere di questo film che non sia già stato detto? Arrivo tardi rispetto agli altri, ne ho letto ogni bene e mi ha entusiasmato il premio a Cannes. Vorrei essere la voce fuori dal coro che ne parla male ma non potrei mai dopo questa visione. In che modo approcciarmi a Gomorra? Forse potrei farlo da napoletano.
Non c'è pregiudizio che tenga, non c'è cliché che possa reggere. Quello che mette in scena Garrone è di una verità a tal punto disarmante che a un certo punto ci si chiede se ciò che si sta guardando sia cinema o realtà nuda e cruda rinchiusa nei quattro angoli di uno schermo. E c'è la scelta precisa di escludere dal racconto tutto ciò che può rappresentare forma di riscatto o di redenzione per il popolo napoletano, fatta eccezione per l'unico personaggio (Roberto) che ha un conato di vomito nei confronti di ciò che vede e non riesce a farlo collimare con la sua vita onesta e piuttosto semplice. Tolto ciò, il resto è tutto ombra proprio come le ombre che Garrone infila in molte scene. C'è un popolo, quello napoletano, che sembra non avere più scampo perché ormai inghiottito dalla violenza della più terrificante e sanguinaria organizzazione criminale che l'uomo abbia conosciuto. Scegliere di narrare ciò significa compiere un atto di estremo coraggio e dolorosa sincerità. Le terre campane sono solo l'atto iniziale, il cancro principale dal quale poi le metastasi si allargano al resto del paese prima e del mondo a seguire. Ignorare le diramazioni della camorra significa fare un torto a Napoli e dintorni, significa imputare alle miserie di una certa fetta di popolazione tutta la colpa; ma non si può dimenticare di chi se ne è approfittato, di chi sullo squallore e la difficoltà di vivere ci ha marciato per edificare un potere enorme e sanguinario, a scapito di ogni disperato che pur di sfamare la famiglia scende a patti con il diavolo. L'ultima scena del film rappresenta insieme tutta l'idea e la irragionevole realtà del narrato: questi uomini che si proclamano dei, questi carnivori che si arrogano il diritto di scegliere della vita e della morte altrui, sono esseri normalissimi e privi di dignità; hanno pance enormi, calpestano i morti indossando squallidi sandali da mare, commettono crimini in canottiera e pantaloncino e maneggiano le armi come prolungamenti del proprio organo genitale.
Fanno schifo perché sono veri. E non sembra di star guardando un film ma di star spiando le loro schifosissime vite. In questo Garrone ha stravinto e ha inglobato tutta la tradizione classica del cinema italiano per sancirne finalmente il superamento. Senza volontà di far omaggio a Napoli perché ciò che c'è di buono nella città partenopea lo sappiamo e solo gli stupidi e gli arrivisti lo ignorano; senza necessità di una complessa struttura narrativa ma solo con il dialetto e il sapore di marcio che ti rimane in bocca; senza voglia di proporre risposte ma solo di raccontare ciò che per troppo tempo è stato colpevolmente ignorato.
Io, che in quelle terre ci sono nato e cresciuto ma ben lontano dalle vele di Scampia, sono spaventato da tutto questo. E sono spaventato dalla mancanza di alternative.
Solo due categorie non possono non avere a cuore la questione Napoli: i coglioni e i camorristi.

3.6.08

La pianista

La pianiste di Michael Haneke
(2001) Ger\Pol\Fra\Aus

Ogni volta che vedo un film di Haneke rimango stupefatto. Dall'incredibile equilibrio che compone la sua geometria cinematografica: c'è un tema narrativo fortissimo che accompagna una dura critica astiosa nei confronti della borghesia moderna che non viene mai esplicitata ma sempre simbolicamente e perfettamente rappresentata, c'è una serie di personaggi che non vengono mai giudicati ma solo rappresentati per quel che sono e infine c'è un complesso discorso metacinematografico che trapela da ogni inquadratura, da ogni scena, senza che questo urti o compia attrito con lo svolgimento dell'opera. Haneke sperimenta, osa, straccia tutti quei veli e barriere che dividono noi spettatori e i protagonisti del film: quando la storia inizia, siamo letteralmente disgustati, disturbati da ciò che vediamo, fatichiamo quasi a comprenderlo; poi si insinua il dubbio, la voglia di capire, il bisogno di vedere e avviene lo scontro tra ciò che ci è lontano, ciò che ci appare perverso e il calduccio confortante del nostro salotto. Verso la fine saremo distrutti: un formicolio allo stomaco ci avvertirà che abbiamo capito e che non c'era niente da capire; nella fragilità dei nostri tempi moderni c'è un qualcosa in noi che è perennemente sopito e che aspetta solo un'occasione disperata di rivelarsi. E ci ritroveremo con una colpevole empatia nei confronti di quel personaggio che eravamo riusciti solo a disprezzare.
Gli artifici o l'assenza di essi sono il marchio di fabbrica di Haneke: nessuna colonna sonora in un film dove la musica rappresenta un fattore fondamentale, macchina da presa per la maggior parte del tempo fissa (il regista ha un'idea fortissima di cinema e lo vuole dimostrare, riuscendo nel contempo a non escludere mai nulla di importante allo sguardo dello spettatore) alternata a piani sequenza di notevole complessità che richiedono un grosso sforzo recitativo, una geografia del set che rimanda al rapporto psicologico tra personaggio e ambiente di Strade Perdute.
La pianista è un bellissimo film nonché strumento di riflessione per il cinema stesso. Per me la massima vetta di Haneke rimarrà sempre Niente da nascondere ma ciò che importa è che il suo cinema, e La pianista non fa eccezione, non è mai da sottovalutare.

1.6.08

I Film del Mese: Giugno 2008

  • Chiamata senza risposta di Eric Valette (4);
  • L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza di Cao Hamburger (6);
  • Tropa de Elite di José Padilha (6);
  • Bratz di Sean McNamara (6);
  • Savage Grace di Tom Kalin (6);
  • Quando tutto cambia di Helen Hunt (6);
  • Corazones de mujer di Sordella e Benedetti (6);
  • Il resto della notte di Francesco Munzi (11);
  • E venne il giorno di M. Night Shyamalan (12);
  • Un amore di testimone di Paul Weiland (13);
  • Talk to me di Kasi Lemmons (13);
  • Feel the noise di Alejandro Chomski (13);
  • 14 anni vergine di Christian Charles (13);
  • Lower city di Sergio Machado (13);
  • Postal di Uwe Boll (13);
  • Noi due scononosciuti di Susanne Bier (13);
  • L'incredibile Hulk di Louis Leterrier (18);
  • Gardener of Eden di Kevin Connolly (20);
  • Identità sospette di Simon Brand (20);
  • Go go tales di Abel Ferrara (20);
  • Man about town di Mike Binder (20);
  • Hanna Montana & Miley Cyrus di Bruce Hendricks (20);
  • The ruins di Carter Smith (27);
  • 12 di Nikita Mikhalkov (27);
  • La notte non aspetta di David Ayer (27);
  • Dante 01 di Marc Caro (27);
  • Un'estate al mare di Carlo Vanzina (27);
  • Gucha di Dusan Milic (27).

Le vostre scelte? Io ho grandi aspettative per il nuovo Shyamalan.