1.3.08

Il petroliere - There will be blood

There will be blood di Paul Thomas Anderson

(2007) USA

Anderson è il giovane e grandissimo fuori classe del cinema americano. Si è imposto al grande pubblico con opere coraggiose, complesse ma mai da sottovalutare e che ritorna in scena dopo cinque anni con una grossa sfida: inglobare la cultura del cinema classico americano nel suo stile e far emergere quest'ultimo in un'opera che solo all'apparenza sembra distante da ciò che Anderson ha sempre indagato con il suo cinema. There will be blood è un film monumentale fin dal principio (un incipit di un quarto d'ora senza nemmero un dialogo!), fin dalla prima scena panoramica (perché il regista ci tiene a dirci chiaramente dove e quando avvengono i fatti narrati); un film dove ogni scena è scena madre, dove in ogni momento si avverte latente l'impressione di star osservando qualcosa di epocale. Un'opera che si basa su un unico personaggio, interpretazione capolavoro di Daniel Day-Lewis, e la sua nemesi (Paul Dano e mi chiedo perché si sia parlato così poco della sua stupefacente performance). Ma uno non è l'opposto dell'altro: sono entrambi due individui spregevoli; il petroliere ha una sete di conquista avida e prepotente, che non si fa scrupoli a sfruttare perfino il figlio per raggiungere i suoi scopi e che non conosce perdono neanche per chi invidia la sua ricchezza. Il suo nemico, un fanatico predicatore religioso, è altrettanto spregevole perché fa della sua ipocrita fede un'arma devastante. Il film segue la lunga parabola di vita del primo concentrandosi su di lui e solo su di lui: Anderson arriva ad ignorare controcampi e piani d'ascolto pur di non staccarsi mai dal viso di Day-Lewis che parla anche quando sta zitto, compie ellissi strettamente funzionali alla storia consegnando allo spettatore la netta impressione di aver capito perfino cosa sia successo in quel buco narrativo, costruisce scene con una precisione inusitata, non offende mai l'intelligenza dello spettatore ma anzi sollecita continuamente il suo intuito (a tal proposito, fra le tante, è emblematica la scena fra i due fratelli in spiaggia) e fa un uso delle splendide musiche ingegnoso, da film horror, alla Shining per intenderci. E non si fa mancare la sua proverbiale ironia, il suo gusto per il grottesco nel quale smuove le critiche più feroci all'attualità, muovendosi a braccetto con una trama che è un terremoto di eventi che non possono lasciare indifferente chi li vede. Le due ore e mezza scorrono via che è una bellezza, in un crescendo che porta alla resa dei conti finale fra i due protagonisti, momento nel quale lo spettatore può rendersi conto che per arrivare fin lì ha perso sì qualcosa di sè ma ha ricevuto qualcos'altro in cambio.
Il petroliere è un capolavoro, perfetto, bellissimo, emozionante. E ben si comprende perché sia stato snobbato agli Oscar (senza nulla togliere a Non è un paese per vecchi): è un'opera che rappresenta celebrazione e superamento insieme di un certo modo di fare cinema, decisamente più critico nei confronti di un sistema che per i Coen è frutto del progresso morale mentre per Anderson è figlio di uomini sbagliati a cui è stato affidato fin troppo potere in un'ottica di spietato capitalismo. Per dirla in due parole, in realtà ci sarebbe da discuterne molto più approfonditamente.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottima la tua analisi, Massimo! Però continuo a preferire l'opera dei Coen che, forse, riesce ad essere più di "pancia" (nel senso che emoziona) e meno di "testa" rispetto al film di Anderson.

Però, come si suol dire, "avercene di pellicole così"!!!

Ciau!


BenSG

Massimo Manuel ha detto...

Questo è verissimo: poter scegliere fra due film del genere è già di per sè una grande cosa!

Anonimo ha detto...

In provincia di Savona non si è ancora visto!!!!!