29.1.09

Milk

Milk di Gus Van Sant
(2008) USA

Ho troppo rispetto e ammirazione per Gus Van Sant per pensare che si sia semplicemente seduto dietro la macchina da presa e ha lasciato fare tutto agli attori. Perché la prima impressione è quella: è difficile riconoscere lo stile Van Sant durante il film e non mi riferisco ai suoi lavori sperimentali (il bellissimo Paranoid Park su tutti) ma anche a quel filone 'classico' a cui appartiene questo e che Van Sant non ha mai disdegnato (basti pensare a Will Hunting), film questi ultimi nei quali potevi comunque riconoscere un'impronta personalissima del regista nonostante la presunta ordinarietà dell'opera (ma questa è solo una schifosa etichetta per capirci meglio). Il fatto è che buona parte dell'ottima riuscita di Milk è da imputare innanzitutto al parco attori (fantastico Sean Penn in testa, in odor di Oscar lontano un miglio) che fanno un lavoro straordinario di caretterizzazione su personaggi tutti realmente esistiti ed ognuno con la sua piccola storia da raccontare, con i suoi sentimenti ed i suoi fantasmi. E' poi la grandezza della storia di Harvey Milk a fare la differenza, il suo esempio e l'energia che ci ha messo per spostare un pò più in là il progresso culturale dell'America anni '70, gli sforzi ed i sacrifici compiuti per garantire pari dignità a tutti, vivendo nell'ombra di essere ucciso da un fanatico di turno e scoprendo invece di avere l'assassino proprio nell'ufficio accanto. Fatto sta che per tutto il film Van Sant quasi non si sente, anche se alla fine capisci perché: l'intera regia è costruita per rendere gli ultimi 20 minuti indimenticabili, un vero e proprio accumulo di emozioni e tensione che esplodono alla fine negli occhi e nel cuore; la scena dell'assassinio, poi, quasi è un pugno nello stomaco anche perché il regista ci fa credere di non voler mostrare troppo nel dettaglio la morte del personaggio (l'uccisione del sindaco avviene solo accennata nel riflesso di uno specchio e poi completamente fuori campo), cosa che invece avviene nella piena consapevolezza dello spettatore e nel suo rendersi conto che per comprendere appieno l'importanza della parabola di Milk dobbiamo morire insieme a lui ed insieme a lui avvertire quel brivido di violenza omicida.
Ci si dovrebbe chiedere, più che altro, perché questo film e perché adesso. Ovviamente le risposte sono tante e la recente lotta contro i matrimoni omosessuali in America sembra la risposta più ovvia; altre teste hanno invece sottolineato come le prese di posizione di Obama in materia gay durante la campagna elettorale siano state sempre sfuggenti (questa sì una lettura interessante). Il film, inoltre, più che sui gay si concentra sulla necessità nella vita di assumere una posizione certa e forte in qualsiasi momento storico ed avere il coraggio di portarla fuori, allo scoperto, davanti a tutti perché se non ci metti la faccia hai rinunciato già a buona parte delle tue opinioni.

Nessun commento: