9.2.08

Niente da nascondere

Caché do Michael Haneke
(2005) FRA\AUS\GER\ITA

Ancora una volta ad Haneke sembra interessare più di tutto prendere una normale famiglia medio-borghese e gettarla in un incubo fatto di violenza, in questo caso che non si vede ma si sente ed anche piuttosto pesante. Sembra questo il motivo per cui ad Haneke viene sempre attribuita la volontà di voler criticare proprio quella società borghese che tortura nei suoi film. Per me ridurla in questi termini è troppo facile ed incompleto. In questo fantastico film (forse pure più bello e diretto di Funny Games) c'ho visto tre livelli molto significativi. Il primo è la già citata critica alla società medio-borghese e ci può stare, visto che in questo caso assume anche una valenza di questione razziale per nulla da sottovalutare (parzialmente evocata nella scena del ciclista di colore), specie considerando l'ambientazione francese del film. Il secondo è la scatenata riflessione che pone sul mezzo cinema. Tutto il film è un continuo confondersi fra realtà soggettiva e realtà oggettiva: la pellicola si apre con i titoli di testa su un'immagine a camera fissa, salvo poi rivelarsi l'immagine della prima videocasseta inviata ai coniugi protagonisti. Si pone così lo spettatore nella condizione di potersi confondere tra sguardo del regista (cioè posizione della macchina da presa che di per sè è già un elemento che infonde inquietudine se pensiamo che i protagonisti del film non riescono a capire come non facciano a vedere quella telecamera piazzata per strada che segue i loro movimenti) e posizione della fantomatica videocamera che produce le videocassete minatorie; da quel momento, infatti, Haneke confonderà queste due visuali costringendo lo spettatore a chidersi cosa stia guardando: lo sguardo del regista o quello del ricattatore? E' una domanda interessante, da non sottovalutare, una specie di questione metacinematografica mascherata da thriller. E qui si inserisce il terzo punto: la sostanziale innovazione del genere. Durante la visione, sappiamo di star guardando un thriller dalla forte componente angosciosa ma lo sappiamo pur non ravvisando nessuna componente classica del genere: non c'è musica d'accompagnamento, non c'è una vera e propria minaccia nei confronti dei coniugi (infondo arrivano solo videocassete e nessuna richiesta) e soprattutto non c'è nessuna dinamica fra vittima e carnefice (anzi, addirittura è la vittima del gioco a rivelarsi un pò carnefice). La violenza nel film c'è ma è silenziosissima, quasi accennata salvo poi esplodere nel momento più agghiacciante della pellicola che garantisce un sussulto anche al più tenace degli spettatori. C'è un finale aperto, infine, che sembra non fornire tutte le risposte che lo spettatore cerca anche se usando un pò d'intuizione si può riflettere su ciò che si è visto e riannodare i fili per una risposta. Magari riavvolgendo il nastro, che è anche una delle azioni compiute dai protagonisti del film.
Caché è per me un film estremamente significativo, pieno di spunti cinematografici che vengono sollevati senza una risposta definitiva. Il risultato finale è per me apprezzabilissimo e vincente, un vero capolavoro di mestiere e passione.

1 commento:

M.M.M. ha detto...

Certo che Haneke prima di girare questo film è rimasto folgorato da "Lost Highway"...