27.5.09

Antichrist

Antichrist di Lars von Trier

(2009) Dan\Ger\Fra\Ita\Sve\Pol

I critici di Cannes non hanno trovato niente di meglio da fare che inventarsi l'etichetta porno-horror, banalizzando l'inquietante dicotomia sesso\violenza proposta dal film come fossero due facce della stessa medaglia; i critici di Cannes non hanno trovato niente di meglio da fare che ridere di una volpe che parla piuttosto che chiedersi perché la figura femminile di von-Trier, per anni vittima, si è trasformata adesso in carnefice. Questo film assume ancora più coraggio estremo alla luce del pesante fuoco di fila che ha dovuto sopportare al festival francese e se di certo non è il migliore del regista, sicuramente non ha scalfito la stima che ripongo in lui. 
L'Anticristo di Lars è un'opera intensa e molto formale, che fa della narrazione piuttosto che del narrato il suo punto di forza. Il prologo che apre il film è la dichiarazione d'intenti dell'autore: l'attenzione è tutta sulla forma, sulla scelte di regia che se da una parte rimandano al primo von Trier, dall'altra sembrano rinnegare tutto ciò che il regista danese ha realizzato negli ultimi tempi. La fotografia livida e ricercatissima, le riprese a rallentatore, la scelta di precisissimi dettagli piuttosto che la (solo apparente) scarna casualità del Dogma, tutto questo sparisce davanti ad una ricercatissima scelta di stile che è anche un atto d'amore ad un certo cinema europeo (il film è dedicato a Tarkovsky). Fra l'altro non è neanche il caso di banalizzare la trama che ai più è sembrata solo un pretesto: alla storia, invece, proprio perché infrange una costante di von Trier (la donna succube e martire è qui ritratta spietata e colpevole) bisogna dedicare più di una riflessione, perché se è vero che il complesso impianto teorico sembra non risolversi del tutto, è altrettanto vero che al termine Anticristo che fa da titolo bisognerà pur trovare un senso. Se al pubblico di Cannes è saltato in testa l'immediata risposta religiosa e provocatoria della pellicola (se il creato è frutto di Dio ed è il creato a proporsi come incarnazione del male, ne consegue che la natura perversa mostrata nel film è l'Anticristo e dunque il male nasce in nuce nel bene), a me piace pensare che von Trier abbia voluto ancora una volta giocare con la sua smisurata ego e se è vero che è difficoltoso riconoscere in questo film la cifra stilistica a cui l'autore ci aveva abituati, mi vien da pensare che l'Anticristo sia il film stesso nel porsi come anti-von Trier, cioè come negazione, glorificazione ma soprattutto superamento di una carriera, un atto coraggioso e necessario per un uomo travolto dalla depressione e bisognoso di nuovo slancio. Alla fine, l'estrema formalità, l'uso del digitale, gli effetti speciali, l'astrazione totale dal mondo (i protagonisti non hanno nome e si muovono per lo più in un bosco chiamato Eden!) sono tutti segnali che qualcosa è cambiato, che l'antiLars si è manifestato. 
Se il nuovo percorso è irreversibile ce lo dirà solo il tempo. Nel frattempo, vale assolutamente la pena vedere questo film che potrebbe essere un nuovo modo di fare horror, atipico e classico insieme (gli espedienti del genere ci sono tutti), affermazione e negazione al tempo stesso. Proprio come la definizione Anticristo: positivo e negativo insieme. Una favola, certo, ma non dimentichiamoci con quale regista abbiamo a che fare.

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