26.3.11

Il cigno nero

Il Cigno Nero di Darren Aronofsky
(2010) USA

La chiave di lettura del film può essere molto semplice: è la messa in scena del cigno nero "ma stavolta sarà diverso". Ed effettivamente Aronofsky non fa altro che sfruttare la storia di base del celebre balletto per osare e andare un po' più oltre ed immaginare una protagonista mentalmente instabile, vessata dalla madre e dal difficile ambiente della danza, che nel voler a tutti i costi raggiungere la perfezione del ruolo a cui è stata assegnata finisce per trasformarsi essa stessa in un "cigno nero", una parte oscura di sé stessa che non pensava di avere e che la trascinerà verso conseguenze estreme. 
Lo stile del regista rimane intatto e pur essendo questo film una naturale prosecuzione di The Wrestler, questa volta l'occhio di Aronofsky è ancora più sporco, molto più instabile, decisamente più crudo di quanto non lo fosse nel film precedente, anche se sulla carta la storia con Mickey Rourke poteva offrire spunti molto più cruenti. In realtà è Natalie Portman a far sfogare le fantasie più sfrenate del regista e sono il suo volto ed il suo corpo a portare i segni di questa mutazione, sia fisica che artistica: la macchina da presa perennemente in movimento e a mano le sta addosso in maniera morbosa, quasi al limite del fastidio, fino ad entrarle in testa e a mostrarci le sue allucinazioni e il suo punto di vista distorto della realtà. Sorprende, invece, come nonostante la fotografia sporca e l'uso della cinepresa a mano, il regista riesca a creare sequenze di grande impatto, visualizzando al tempo stesso il presunto realismo del suo metodo ma anche il grande inganno dell'occhio cinematografico: le scene dei balletti tradiscono un gusto per la coreografia cinematografica non da poco, così come la scena dello specchio è al tempo stesso funzionale alla storia ma anche punto di rottura con il falso realismo di cui prima. E' come se il regista avesse trovato il punto di contatto tra la grande fantasia visiva de L'albero della vita e l'essenzialità narrativa de Il teorema del delirio.
Pur portando avanti un discorso importante sul cinema, Il cigno nero rimane comunque un film che non trascura la struttura narrativa, capace di trascinare lo spettatore nel gorgo di emozioni e di follia della protagonista, trasformandosi quasi in un film horror per certi aspetti e in una tragedia greca per altri. 

4 commenti:

eustaki ha detto...

aronofsky non è un bravo regista. anzi, tutt'altro. nel cigno nero il cattivo gusto trionfa. non parlo del kitsch ironico ma di chi crede di fare film esteticamente sublimi e invece il risultato è un fiasco clamoraso. c'è tutto in questo film in forma di antitesi conflittuali: nero/bianco, bene/male, frigidità/lussuria madre/figlia allievo/maestro gay/etero... le scenografie sono orribili con tutti quegli specchi. non parliamo poi dell'ingenuo arredamento dell'appartamento del maestro. il finale è talmente brutto che diventa inconsapevolmente divertente.

complimenti per il blog

Massimo Manuel ha detto...

Ci sei andato giù pesante, devo dire. Ma è davvero tutto da buttare?
Una storia del genere si poteva raccontare diversamente? Avrebbe avuto senso raccontarla diversamente? E' con questo approccio che ho cercato di capire il film...

Remco ha detto...

a quando nuovi aggiornamenti ?

cooksappe ha detto...

eppoi?