14.4.08

Capote - A sangue freddo

Capote di Bennett Miller
(2005) Usa/Can

E' un film abbastanza freddo, sia nelle intenzioni che nel risultato. Dove per intenzioni si intende la volontà di virare l'atmosfera su sfumature piuttosto grigie e anonime, con l'obiettivo di non dare alcun colore ad una storia di per sè nerissima; dove per risultato si intende la scarsa capacità del film di farti entrare appieno nella storia perché non riesce a dosare a sufficienza tutti gli elementi diversi che compongono la trama ed eccedendo nel voler far capire tutto al pubblico senza dargli alcun margine d'intuizione. Fatto sta che Capote è una piacevole sorpresa in quanto prende le distanze dall'ansia da biopic che sembra aver investito la Hollywood degli ultimi anni e pur volendo raccontare una delle figure più carismatiche ed eclettiche dell'America, non ne è una sterile biografia: non racconta vita, morte e miracoli di Truman Capote ma ce lo presenta già all'apice del successo e ci racconta i quattro anni più critici della sua vita, ovvero quando inizia a raccogliere materiali per la scrittura del libro A sangue freddo e avvia una morbosa frequentazione con un assassino condannato a morte. Il film, poi, non si vuol solo soffermare sul lato oscuro di uno dei più grandi scrittori d'America ma su come entrambi i protagonisti (Capote e l'assassino Smith) abbiano uguali origini, provengano dallo stesso background. Sono entrambi figli della stessa America ma a ciascuno dei due sono state offerte diverse possibilità. Portando a diversi risultati.
L'intero film si poggia tutto sulla monumentale interpretazione di Philip Seymour Hoffman che si annulla completamente dietro gli occhiali e la buffa voce di Capote, riportando in vita le sue emozioni, le sue paure, il suo terrore d'essere dipinto come diverso e la sua voglia di essere accettato. Fin troppo facile l'Oscar a lui assegnato in quest'occasione ma non c'era davvero di che tentennare. Uno dei migliori attori contemporanei al mondo.

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