19.12.08

La bussola d'oro

The Golden Compass di Chris Weitz
(2007) Usa\Uk

La bussola d'oro si candida al ruolo di peggior riduzione cinematografica di un libro fantasy da un bel pò di tempo a questa parte. Certo, dopo Il Signore degli Anelli lo standard si è alzato e il genere è stato abusato (e segnato) ma rode parecchio vedere un bel romanzo non dico tagliuzzato di tante parti ma completamente svuotato del suo senso e delle tematiche che vuol trattare. Per fare un paragone moderno, immaginate che si prendano i protagonisti dalla serie Twilight per trasportarli sullo schermo come normali adolescenti senza le caratteristiche vampiresche (faccio questo esempio non a caso, visto che è stato fatto il nome di Weitz per il sequel dei vampiri). La bussola d'oro fa più o meno questo: ha preso il primo tomo della trilogia 'Queste oscure materie' ed ha completamente eliminato tutto il discorso "fede contro ragione, ateismo contro deismo" per narrare in maniera frettolosa e confusa la storia di una ragazzina che gira il mondo in 48 ore (o almeno questa è stata la percezione del tempo che mi ha consegnato il montaggio della pellicola). Via tutti i paralleli tra la chiesa e il suo desiderio di controllo e di censura, via il dramma di uomini di scienza privati della loro libertà e governati da una sottile teocrazia; solo azione ed avventura e personaggi tratteggiati con una superficialità tremenda, tra una Kidman che regge bene il gioco nel ruolo della perfida Mrs. Coulter e un Daniel Craig che appare per 5 minuti (il suo personaggio nel libro è il perno dell'intera storia, ma qui hanno completamente tagliato il finale nel quale era assoluto protagonista).
La trilogia 'Queste oscure materie' è un attacco ai dogmi delle istituzioni religiose e alla loro pericolosità. Il film è un intrattenimento per ragazzini riuscito pure male, adattato alla meno peggio e pessimamente rifinito. Peccato, è stata un'occasione sprecata.

1 commento:

Alberto Di Felice ha detto...

Son d'accordo. L'han tagliuzzato (il film, del romanzo non so) in una maniera invereconda. Peccato perché, fra i tagli, qualcosa di bello lo si intuisce.