11.1.08

La serialità fa' la differenza?

Ieri raccontavo ad un paio di amici le mie considerazioni su Dexter, soprattutto per quanto riguarda il discorso dell'identificazione con il protagonista: qualcosa che mi appariva pressoché impossibile come ho già spiegato; una sfida per gli autori che risulta essere vinta in quanto non solo vi è identificazione ma piuttosto totale presa di parte nei confronti di Dexter, un serial killer sociopatico. Sottolineavo come il fatto che Dexter uccidesse colpevoli scampati alla giustizia già non era di per sè un buon motivo per concordare con le sue tesi e comunque non reggeva visto che il motivo di fondo per cui Dexter uccide non è fare giustizia ma soddisfare il suo perverso bisogno di assassinare. I miei amici mi facevano notare come questa non sia una novità: un esempio su tutti l'Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti, un uomo talmente affascinante che faceva quasi dimenticare i suoi trascorsi omicidi e cannibaleschi. Eppure, secondo me, la differenza è sostanziale: si può simpatizzare con Lecter ma non si può tifare per lui, poiché uccide per motivi piuttosto sadici e privi di una qualsiasi morale, mentre per Dexter non solo si prova empatia ma si arriva a tifare per lui quando rischia la sedia elettrica.
Sono giunto alla conclusione che la differenza stava nella serialità del prodotto. Mentre un film, nelle sue due ore canoniche, non riesce a farti immedesimare totalmente con un assassino spietato, la tv può e ci riesce perché ha dalla sua tempi più lunghi, dilatati, maggiormente seriali. Ne sono la dimostrazione una carrellata di assassini cinematografici che nati come demoni sanguinari sono diventati via via, a forza di sequel, sempre più accattivanti e simpatici per il grande pubblico, ad esempio Freddy Kruger.
E' la serialità, insomma, a fare la differenza. E visto il crescente proporsi di serial dove i protagonisti hanno una morale piuttosto dubbia, e visto l'ennesimo limite infranto da Dexter, sarebbe bene cominciare a chiedersi quale sarà il prossimo passo. Che ne pensate?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottima analisi, mi trovi perfettamente d'accordo sul fattore "serialità" che ci lega al personaggio. Complimenti agli sceneggiatori e al bravissimo Michael C Hall (ottimo anche in Six Feet Under, telefilm che mi sento di consigliare nel caso non lo abbiate ancora visto).

Dexter, nonostante tutto, ha quel qualcosa di "umano" che manca a Lecter o ad altri famosi serial killer. Credo che questo aspetto sarà analizzato nella seconda stagione e spero di poterla iniziare a vedere a breve.

Massimo Manuel ha detto...

Ho visto la seconda stagione e ti assicuro che l'identificazione diventa ancora più forte. Il secondo ciclo parte prendendo una strada al quanto bizzarra, quasi fastidiosa nel suo semplicismo, poi ha una sferzata e a quel punto il tifo per Dexter diventa da stadio! Ed è stato proprio questo a farmi riflettere...