30.10.08

El Artista (Rome FilmFest 2008)

El artista di M. Cohn e G. Duprat
Rome FilmFest 2008
CONCORSO
Sono entrato in sala convinto di andare a vedere un thriller psicologico e mi sono ritrovato davanti un film che è una spietata ma composta satira dell'arte contemporanea (che riguardi solo la pittura o coinvolga tutta l'arte, cinema compreso, fate un pò voi). C'è di buono che il film pur volendo fare satira adotta uno stile decisamente bizzarro, fatto di molti silenzi, base sonora ambigua e inquadrature strette e clatustrofobiche.
Il protagonista è un personaggio che sembra vivere come un parassita: non ha nulla da dire, è completamente vuoto dentro e il suo unico modo di presentarsi al mondo sembra aggrapparsi a qualcuno e vivere in funzione di quella persona. C'è a tal proposito una spiegazione in immagini sublime: il film si apre con Jorge, il protagonista, che fissa la sedia lasciata vuota dalla madre appena defunta. Quando molto più tardi quella sedia verrà abbandonata anche dal nuovo individuo che gli offre un'altra occasione di vita parassitaria, solo allora capiremo il significato di quelle immagini e l'inizio oscuro del film. El artista, insomma, è quell'esempio di cinema che si esprime totalmente in immagini, molto più che attraverso le parole o i risvolti di trama; immagini che riescono a chiarire perfino le psicologie dei personaggi. In tutto questo c'è la pesante ironia dedicata all'arte contemporanea, personaggi che sono caricature di sé stessi, critici ed esperti totalmente innamorati di un artista che non solo è completamente vuoto dentro ma non è neanche il vero autore delle opere per cui tutti sono impazziti. Opere che non vediamo mai poichè ogni volta che una di queste viene fissata da qualcuno nel film, noi guardiamo la scena attraverso la soggettiva del disegno stesso: l'opera che guarda l'uomo e non viceversa; in questo caso, poi, è l'opera che si prende gioco dello spettatore, è l'opera disegnata da un uomo in stato quasi catatonico che accumula mille spiegazioni ed altrettante critiche. Il gioco del film è forte e chiaro, gioca a dissacrare un mondo fatto di eccessiva teoria e poca pratica. I due registi, in tutto questo, piazzano un protagonista eccezionale che dice molto di sé senza quasi mai parlare (basta guardare, mi hanno fatto notare, il modo in cui cammina: da buon parassita, quasi si trascina!) e sul quale non si riesce ad assumere una posizione precisa, se odiarlo o compatirlo.
Un film argentino che è una vera sorpresa e che rappresenta un guizzo d'arte, forse l'unica opera vista fino ad ora che esprime un punto di vista fortissimo sul mezzo cinema e che lo esplicita attraverso una storia che è metafora e deformazione al tempo stesso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Straordinario è il migliore tra i più di 20 film che ho visto al festival. E' davvero sbalorditivo il fatto che sia costituito da sole inquadrature fisse che ci fanno sembrare di osservare delle opere d'arte. Poi come dici giustamente è interessante il fatto che non sono le persone a vedere le opere d'arte ma viceversa. Una profondissima analisi sull'arte e sull'artista, ma anche sulla critica.
Il personaggio del vecchio mi ha emozionato tantissimo, soprattutto quando venivano ripresi i movimenti delle sue mani mentre dipingeva i suoi soggetti. Il protagonista invece, non si riusciva ad odiarlo è vero, io più che altro lo compativo.
Ale55andra