7.8.07

Strade Perdute: un approfondimento

Lost Highway è il film che segna il punto di non ritorno nella già eccellente carriera di David Lynch. L’autore americano aveva già sondato quelli che saranno gli elementi fondamentali del suo settimo film, ma qui sembra averli sublimati nell’insieme di componenti che costituiscono la poetica di Strade Perdute.
Ci sono tutti, infatti, gli stilemi classici di Lynch come la struttura narrativa non lineare, la costruzione delle immagini che precedono gli intenti comunicativi, l’uso del suono come componente essenziale, talvolta ben più importante dei dialoghi. E’ un cinema, quello di Lynch, che torna al suo significato più intrinseco, quello dell’immagine. Il meccanismo creativo del film, infatti, sembra ribaltare i canoni classici: non più una storia raccontata per immagini ma immagini che, componendosi, assumono valenza narrativa.
De - strutturare il complesso organismo narrativo di Strade Perdute significherebbe fare un torto al senso stesso dell’opera ed al suo autore. La sfida di David Lynch consiste nel narrare una storia che continuamente si complica, si infittisce, è il caso di dire che si sdoppia: quello sdoppiarsi che è una delle classiche tematiche nella carriera del regista. Non una semplice dualità bene/male, però. In Strade Perdute vi è un protagonista che si trasmuta non nel suo opposto ma completamente in un’altra persona, un altro personaggio che ha una sua storia, un suo passato e una sua vicenda. Nella vita di ciascun personaggio (Fred e Pete), ricorrono elementi che rimandano all’altro ed ogni qual volta uno di questi elementi affiora, vi è come una rottura della serenità, un sentore di inquietudine che assale protagonisti e spettatori. Quando iniziamo ad intuire che stiamo compiendo un viaggio privo di coordinate nella mente complessa di un uomo, siamo già immersi nell’angosciante mondo in cui Lynch ci avvolge.
Per fare ciò, il regista usa quegli strumenti che hanno reso il suo stile immediatamente riconoscibile ed inimitabile. Il tempo sembra smaterializzarsi, allungarsi a dismisura. Le scene sono scandite da un montaggio lento e senza tagli incisivi, ben coadiuvato ai movimenti della macchina da presa. Apparentemente, un lavoro di sottrazione, un ridurre al minimo gli artifici tecnici per dilatare il momento. In realtà, laddove si sottraggono tagli di scena ed inquadrature, si inserisce ben altro. Il suono, ad esempio: tratto distintivo di David Lynch, talvolta si sostituisce totalmente al dialogo) fino a diventare un vero e proprio tappeto sonoro che si mantiene basso (come nella scena del corridoio che precede la morte di Renee) quasi al limite dell’udibile per poi intensificarsi nei momenti di maggiore agitazione. Si noti, inoltre, come nella stessa scena l’elemento sonoro viene introdotto : pur essendo extra – diegetico, coincide con il suono di un armadio che si chiude; da lì parte, vibrando e mantenendosi in sottofondo. Tutti questi sono artifizi che si ripeteranno nell’arco del film non solo come prepotenti generatori di emozioni ma anche come elemento intrinseco della struttura narrativa; più di una volta, ad esempio, sarà un suono preciso a far riaffiorare una scena precedente che andrà ad incastrasi nell’enorme mole di informazioni che il film cerca di comunicare come ossatura della sua storia. Non solo, ma questo meccanismo di reminiscenza che si crea nello spettatore è la stessa “emersione del regresso” (teoria psico-analitica a cui il film fa abbondantemente riferimento) che caratterizza i protagonisti del film.
Appare chiaro, a questo punto, quanto ho scritto in precedenza: il procedimento strutturale che assume il film è del tutto complementare alla vicenda narrata. Non è un semplice sovvertire o scardinare la linea temporale (come accaduto, ad esempio, in 21 Grammi, dove il montaggio frammentava totalmente la linearità di una vicenda) ma è la storia stessa a svolgersi seguendo quel sentiero: non esiste inizio o fine ma è un ciclo scaturito dalla mente del protagonista. È lui, infatti, ormai divorato dai sensi di colpa e terrorizzato dalla condanna a morte inflittagli, a prolungare il momento del decesso sulla sedia elettrica proiettando altrove la propria esistenza; una teoria spirituale tipica delle culture tibetane particolarmente care a Lynch e da lui già citate nel precedente Fuoco cammina con me. La vicenda non ha altro modo di esprimersi perché è così che è nata e si è evoluta.
L’intero film si riduce, dunque, ad una lucida digressione sui meccanismi della mente umana. Il regista, adottando i metodi a lui più congeniali, non scivola nel patetico o nel thriller soprannaturale (seppur si diverta a farlo credere) ma mostra come nella gracile psiche umana siano troppo contigue emozioni come amore ed ossessione, paura e violenza; ad esempio, attraverso la geometria della casa del protagonista: ciascuna stanza rappresenta un lato della psiche di Fred. Sono stanze contigue, unite da un semplice corridoio, esattamente come la Stanza Rossa di Twin Peaks, dove a delineare i confini fra bene e male era una semplice tenda rossa, come a sottolineare la fragile frontiera che separava i due opposti.
Lost Highway si chiude esattamente come inizia. “Dick Laurent è morto.” Quella frase a suggellare il meccanismo ciclico della storia, a delinearne il continuo ripetersi e l’impossibilità di fermare il meccanismo che l’ha messa in moto. Perfino i titoli di coda si chiudono con la stessa, infinita immagine di un’autostrada e con la stessa canzone (“I’m Deranged - Sono disturbato” di David Bowie: fin dall’inizio, un elemento sonoro ci stava suggerendo la mentalità disturbata del protagonista).
Un film che non finisce mai, in pratica. Forse, il sogno di qualunque regista. Forse, l’unico ad esserci riuscito è David Lynch.

12 commenti:

Giuseppe(eraservague) ha detto...

bell'intervento su questo capo saldo della filmografia lynchiana
tutti gli elementi che hai descritto sono comunque e ovviamente trascrivibili nel meraviglioso INLAD EMPIRE dove sono presenti tutti gli stilemi dei film di Lynch che in teoria dovrebbero concludersi in quest'ultima opera.
Se non lo hai ancora comprato ti consiglio vivamente il libro di Pierluigi Basso Fossali Interpretazione tra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch.
bellissimo.
tu continua cosi con il tuo blog.
eraservague.blogspot.com

Massimo Manuel ha detto...

Beh, ovviamente gli elementi descritti sono riscontrabili in INLAND EMPIRE come in tutti i film di Lynch poichè proprio del suo linguaggio. Anche Una storia vera presenta gli stessi elementi e questa, secondo me, è la grandezza di Lynch!
Grazie.

Anonimo ha detto...

Complimenti per il tuo approfondimento. L'ho letto con piacere. Strade perdute l'ho visto parecchio tempo fa e, lo ammetto, lo ricordo pochetto. Posseggo il soundtrack originale però, uno dei dischi che ascolto di più. Divagando un momento, sto leggendo un libro che raccoglie alcune interviste a Kubrick, molte delle quali si riferiscono alla lavorazione di 2001, dal concepimento all'adattamento a sceneggiatura fino alla realizzazione del film. Nelle parole, così ermetiche del maestro ritrovo molto dell'atteggiamento di Lynch. Per intenderci, non che Lynch voglia scimmiottare Kubrick, ma credo faccia parte di quel filone di registi iper concettuali, che hanno la capacità di sviluppare la narrativa in modo "anomalo" ma allo stesso tempo personale e credibile. Su 2001 Kubrick concede una sintesi "terra terra" della trama ma quando è il momento di approfondire sul significato del film si blocca. L'interpretazione, a prescindere dal suo intento originale, è talmente personale e libera che qualunque ne venga data va bene. Kubrick spiega esattamente le cose che hai scritto tu sul concetto base dello sviluppo dei film di Lynch (almeno da fuoco cammina con me a IE): "non più una storia raccontata per immagini ma immagini che, componendosi, assumono valenza narrativa". Comunque mi hai fatto venire volgia di rivedere questo film :)

Anonimo ha detto...

Ho rivisto LH la settima scorsa... grandissimo!
Complimenti per il tuo intervento e per tutto il blog.
Ciao.
p.s. Quali elementi in un film come "una storia vera" sarebbero comuni a LH o IE? (escludendo a priori l'importanza dei suoni/musiche)

Massimo Manuel ha detto...

@Zed: continuo a sostenere che tra Kubrick e Lynch ci sono numerosi punti di contatto... e mi trovo pienamente in accordo con le cose che hai scritto! =) E sempre grazie!

@anonimo: Grazie dei complimenti. Di "Una storia vera" mi viene in mente il dilatarsi del tempo che può sembrare suggerito dalla velocità del mezzo di spostamento del protagonista ma in realtà è scandita dalla composizione delle scene. E' anche divertente notare come sia in LH che in StoriaVera, lo spartitraffico della strada viene inquadrato allo stesso modo, solo che nel primo è ad altissima velocità e nel secondo estremamente lento. Ironicamente, nonostante la velocità, il protagonista di LH non va da nessuna parte mentre il protagonista di Una storia vera conclude il suo viaggio.
Poi c'è il suono, ovviamente....

Anonimo ha detto...

Una storia vera contiene ovviamente molti elementi del cinema di Lynch.......però credo che lui abbia fatto questo film (più "commerciale") solo per avere maggiori possibilità con le produzioni. Visto che queste spesso hanno diversi strati di prosciutto sugli occhi, ecco la sua scelta, in parte forzata in parte voluta, di fare INLAND EMPIRE col digitale, che come si sa è relativamente economico.

Infatti mulholland drive da quello che so doveva essere una serie...poi non hanno permesso al nostro di portarla a termine....forse questa ennesima delusione l'ha spinto verso una cinematografia più indipendente....che in qualche modo l'ha potato alle origini ma anche a qualcosa di estremamente nuovo.

Massimo Manuel ha detto...

Dubito fortemente che Lynch abbia fatto "Una storia vera" per motivi commerciali... visto che quel film, sulla carta, non aveva nessun appeal commerciale! Mi sembra più giusto stare alle sue dichiarazioni e cioè che di quel film ha letto la sceneggiatura (perchè scritta dalla sua compagna di allora, Mary Sweeney) e se ne è innamorato. Questo anche perchè Lynch non ha mai avuto molti problemi a reperire produttori extra-americani per le sue opere. Canal plus, ormai, gli è estremamente fedele (sono quelli che gli hanno sganciato un milione e mezzo di dollari per rimaneggiare quello che era stato concepito come pilot per un serial e trasformarlo in un film vincitore a Cannes!) e Lynch ha una cerchia di fedeli nel mondo che gli garantiscono lo stretto necessario a farsi produrre i film. IE è un caso atipico: per metà auto-prodotto in parte perchè la scelta del digitale non andava giù ai produttori danarosi (bel paradosso!!) e in parte perchè il metodo scelto da Lynch (il film che si costruisce strada facendo) lo avrebbero accettato in pochi.
Dai tempi di Dune, Lynch impone ai suoi produttori qualcosa che raramente quelli sono disposti a concedere. Si chiama Director's Cut.
Scusa la lunga disgressione, non volevo ammorbarti. =) Era solo per chiarire che secondo me "Una storia vera" si incastra perfettamente nella cinematografia del nostro regista e che, ai miei occhi, non è per nulla atipico nella sua filmografia. Anzi, a ricordare quelle inquadrature della strada presenti in Lost Highway e Storia Vera, mi sembra la naturale prosecuzione di un discorso.

Anonimo ha detto...

La serie di mulholland drive da quale casa di produzione doveva essere finanziata? ......e perchè canal plus non ha appoggiato il progetto........il film è un capolavoro.....ma una miniserie o una serie televisiva fatta da Lynch ci manca dai tempi di twin peaks.........e gli permetterebbe (cosa che succede in tutte le serie "valide"di oggi) di sperimentare davvero tanto (penso a serie sciocchine come buffy in cui hanno fatto delle puntate straordinarie, vedi la morte della madre, o quella senza audio........o penso alla qualita raggiunta da serie come Lost, Heroes e tate altre)

Massimo Manuel ha detto...

Il pilot di Mulholland Dr. fu effettivamente finanziato dalla ABC che una volta visionato il prodotto decise di non mandarlo in onda. Dopo quello spiacevole inconveniente, Lynch promise a se stesso di avere definitivamente chiuso con la televisione e c'è da dire che è stato fedele alla sua promessa; in una recente intervista, ha detto che ormai la televisione è stata superata da internet, mezzo di comunicazione che permette molta più agilità della tv.
Permettimi, poi, di non essere daccordo su un punto: è vero che in una serie tv si può sperimentare ma credo che Lynch, ora come ora, si sia spinto talmente avanti che mai nessuna televisione gli darebbe il permesso di andare in onda. Cosa che a me sta bene, perchè lo preferisco al cinema.

kordian ha detto...

Hai scritto un post bellissimo Massimo, complimenti. Nella scheda del film su wikipedia fanno riferimento anche al nastro di Möbius, riguardo la struttura del film, e trovo che sia un bel parallelismo...
Riguardo il discorso Kubrick/Lynch ho sempre trovato incredibile la componente onirica che molte opere dei due registi condividono. L'altra sera ho rivisto "Eyes Wide Shut" ed ho pensato che potrebbe essere benissimo un film di Lynch...

Continua a scrivere bellissimi articoli come questo!

fai un salto sul mio blog e lascia un commento se ti va:

sonniloquio.blogspot.com

Massimo Manuel ha detto...

Gentilissimo, grazie mille dei complimenti. Conosco l'accostamento con il nastro di Moebius ed in effetti nell'articolo originale era menzionato, poi ho preferito tacerlo perchè altri ne hanno scritto meglio di me.
Sono un grande sostenitore dell'accostamento Lynch/Kubrick!
Verrò presto sul tuo blog e grazie ancora.

Anonimo ha detto...

chapeau per questa analisi di Strade Perdute (che è il mio film favorito fra quelli di Lynch). Bellissimo blog, lo metto subito fra i miei link!